Figli, io non son del regno
che meco il soglio ascenda
che in pace o fra le squadre
in te l'animo altero, (A Siroe)
Ecco l'ara, ecco il nume;
(Che giuri il labbro mio?
Questa ingiusta dubbiezza
Quant'odio in seno accolga
Senti qual torto io soffro
E, allor che perde un regno,
Senti; se il tuo mi nieghi,
Ah, non son questi, o cara,
Oh quante volte, oh quante
che s'abbassi ad amarmi, (A Siroe)
Ma il silenzio del labbro
D'Idaspe egli ha rossore.
cangia affatto i costumi;
(Che importuna!) Ah Laodice,
e approva il nostro amore.
Di te, germana, in traccia
Cosroe, di sdegno acceso,
svolgi, se puoi, lo sdegno;
del molle sesso. Oh quanto,
ecco il braccio, ecco l'armi.
Vedi, amico, a qual pena (Dà il foglio ad Emira, la quale lo legge da sé)
Perfido, e in questa guisa
Ah, questi impeti miei, (A Cosroe)
io non rispetto il figlio.
perciò taci e arrossisci,
tutta l'opra e il consiglio.
figlio del tuo disprezzo,
Ed io, crudel, che faccio
Mi vuoi reo, mi vuoi morto;
così sarà contenta. (In atto di partire)
chi troverà più fede. (Vuol partire)
Necessaria a' tuoi giorni
Forse incontro al tuo fato
Finché si scopra il vero,
No no, ripiglia il brando.
per lui mi parla in petto
L'alma che in me s'annida,
qui venir Cosroe; e forse
T'inganni; a me non spiace
Siedi, Siroe, e m'ascolta. (Cosroe siede)
Dubbioso ancor ti veggio?
Perfido, alfin tu vuoi (S’alza)
La mia morte, il mio sangue
di sceglier, me presente,
Di Siroe, a quel ch'io sento,
qual fuoco ho in petto accolto,
Fin della Persia al trono
Dunque alle mie preghiere
Deh con miglior consiglio...
Va', tiranno, e dal petto,
ch'ogni accusa è fallace.
Serba, Arasse, al mio sdegno,
quella dal nostro e questa
Andiamo. Ah vien Medarse.
Son stanco, ingiusti numi,
seco il mio sdegno antico.
libero è il varco; e lascio
Libero il prence io volli,