Metrica: interrogazione
281 settenari (recitativo) in Nitteti R 
E Sammete non torna!
oggi al soglio d'Egitto
s'anche agli affetti miei
Agli amanti infelici
Con la sua pastorella
già d'Amasi son giunti;
Parla. Forse rifiuta
finor di là dal fiume
or sul monte, or sul piano
Che tu non sei Dalmiro,
che un pastor tu non sei
No, caro amico, il caso
che nella scorsa notte
ad altra ninfa unita
Forse da qualche stuolo
d'arabi masnadieri?
No; d'egizi guerrieri.
Ma non partir. Sovvienti
che ne' casi infelici
Oh come, amor tiranno,
(Dalmiro almen potessi
Prence, la prima prova
il povero Dalmiro
tutto temer poss'io;
vedi pur ch'io lo sdegno
Nel caso in cui tu sei,
Perché? Forse i miei mali
Siam prigioniere entrambe;
siamo entrambe in Canopo;
tu sospiri, io sospiro;
È ver, confesso, amica,
egli l'ignora; e pure
Basta un ben che tu speri
Amasi; io là m'invio;
che non meno io sospiro
Questi reali alberghi (Guardando curiosa intorno)
                 Tu in quelle spoglie?
Crudel, tu sei Sammete?
meco hai mentito aspetto,
Come abusar potesti
d'un sì tenero amore,
d'una fé, d'un candore,
Fu giovanil vaghezza
un pastor mi credesti.
Eccolo a' piedi tuoi. (Si getta in ginocchioni)
Eccede un tal castigo
Queste lagrime, o caro,
Quando penso che degna
Ah se alcun disapprova
Sì mio ben, sì mia vita,
teco viver vogl'io;
O fra boschi o sul trono,
o Dalmiro o Sammete,
Deh sovvienti ch'ormai
i primi affetti tuoi?
s'irriterà; se taccio,
custodire il mistero
Non rendono superbi, (Dal trono in piedi)
o i marmarici allori
M'innalza, mi sostiene,
quel consenso d'amore
che da ogni labbro ascolto,
che leggo in ogni volto,
ah voi de' numi amici,
dell'oppresso tiranno,
Da chi? Perché? Non sai
ingiustizia maggiore,
Tu serva! Olà, Sammete,
ai soggiorni più degni
seguitela, fintanto
sian gli egizi tesori;
quando dal soglio avito,
La sommessa Cirene
di nuovo avrai; ma questo
tu mi credesti?
                              Il crede
a un tratto de' ribelli
dall'ultimo de' mali
(Che ascolto!)
                            Il giuramento
cacce, veltri, destrieri,
Lasciatemi una volta,
la bella abitatrice?
                 Credimi, accetta
il barbaro momento
l'ore a morir vicine...
mi rendesti infelice.
che del Nil mi trasporti
nell'albergo natio
Come? Partir! Lasciarmi!
Dalla novella sposa
con quel volto sereno
E pretendi... E non vuoi...
a Nitteti...
                     A Nitteti
mi vuol servo e non sposo
Nulla, ben mio, lo giuro
se mi temi incostante.
Troppo, ah troppo io dispero.
M'ama Sammete... È vero;
Ah cara, ah fida amica,
è svanita, è delusa.
(Oh fedeltà!)
                          L'avresti
               Rival ti sono;
e tu fallace amica,
senza pensar chi sei,
del mio figlio il rifiuto
Amasi, il corso arresta;
Stelle! Che dici?
                                Ammira (Come sopra)
gl'incanti di quel ciglio,
Parla. Chi sei?
                             Qual vedi,
un'umil pastorella.
colà fra quelle selve
Qual ventura a Sammete
fra le nostre festive
si protestò pastore;
mi favellò d'amore;
mi piacque, l'ascoltai;
No, mio re, ma promisi
d'esserla un dì.
                              (Respiro).
Sol Sammete in Dalmiro
oggi, che in ricche spoglie
ove per lei riposo
abbian Nitteti, il regno,
Giusti dei! Qual favella! (Sorpreso)
Ah perché mai non sono
almen, quanto a me lice,
impiega i miei tesori;
sarebbe un tradimento.
Ma se resta a Sammete
di me fidar. Né troppo,
signor, Beroe presume;
ad implorar la vostra,
perché un giorno ei divenga
un eroe qual tu sei,
di stupor, di contento,
vide fiamma più pura?
Chi virtù più sicura?
legge ti diè quel ciglio,
Chi al genitor mai rese (Con curiosità ed allegrezza)
tutt'i tuoi pregi; approva
ch'io da quel labbro amato
la giusta m'innamora
                Da te dipende
tu stesso, se vorrai,
de' dolci affetti tui
Ah la virtù che ostenti,
Di poco amore? Oh dio!
Se vedessi, ben mio,
debitrice all'Egitto
Amasi a te m'invia,
esecutor son io
e l'unico e il primiero
Assistetemi, o numi;
son fuor di me. Che avvenne?
ubbidirla non posso.
son fuor di me. Perdona;
ragion da un disperato?
Povero prence! A quale
quanto or mi pento!
                                       È degna
dell'eccelsa Nitteti
così mi fosse dato,
Ah dal caso funesto
ti preservin gli dei.
tu risparmia, o Nitteti,
de' miseri lo stuolo;
Se lasciasse Sammete
quel tenero rispetto
con cui celando in petto
le sue fiamme segrete...
recinti esser condotta.
riandandone l'idea.
vibrar folgori ardenti;
E scelto ha Beroe istessa...
sconsigliato trasporto
Ma dove, oh dio, mi guidi?
La tua ragion si desti;
pensar che a Beroe. È sola (Lampi)
Eh non turbarti; è questa
che ogni cammin ti serra
fra il contrasto de' venti,
mugge, biancheggia e l'onde
Ma vi sono, empie stelle, (Con intolleranza impetuosa)
impossibil già parmi.
forse... Ma sento ancora
renditi a queste squadre.
Ingrato! Ecco i bei frutti (Ironia lenta ed amara)
Sol nel primo delitto (Enfasi seria)
tanti unir ne sapesti
Qual rispetto, qual legge,
                   Ah basta. Al prence
D'un figlio contumace
mio re, non è. Conosco
ei che ad esser mi astringe
Quest'è il rispetto? Ah questo
è il disprezzo più atroce,
quest'è l'odio più nero,
Di rispetto, d'amore
qual più da me ti piace
mostri, incendi, tempeste
io non amai che lei;
Custodi, olà, traete (Sammete è incatenato)
al suo carcere il reo.
dunque nel cor d'un padre
non di deboli affetti
Ciascun da te dimanda
donalo al comun voto,
ad implorar mi credo,
Olà. D'Aprio una figlia
all'oscuro recinto,
Digli che salvo il vuole
d'un infelice figlio
Ah generosa! Invano
la tua celar pretendi
facciam l'ultime prove). (In atto di partire)
con la costanza istessa
Con sollecita istanza
d'Iside il sacerdote
Del tempio profanato
che alla spoglia mi parve,
In quella fronte oscura
Dunque ad onta di tante
Dunque non han più loco
né ragione in quel core
Tacete. Alcun di lui (Con molto sdegno)
reo dell'istessa pena. (Partendo)
la pace del tuo regno,
pentito, ubbidiente,
d'un figlio reo l'emenda
                    Ah sì. Rammenta
va', se vuoi; non tel vieto;
                 D'Iside è seco
non lascia il sacro albergo
gli uscisse mai dal labbro
improvviso comando,
Ah proteggete, o numi,
Nitteti perderei.
ma sì debol non sono.
in quegl'impeti ancora
o l'amore o lo sdegno,
Come! Sposo a Nitteti (Turbato)
di grado, di decoro,
saper com'io mi senta
per punirmi t'affretta;
Non è facile impresa
L'arbitra, mel dicesti,
io palpito, io mi sento
Prence, pietà. La chiedo (Tenerissima)
per quei teneri sguardi,
hanno ne' primi istanti
               Sì, lo conosco, (Con ilarità e fretta)
Dunque della tua morte (Grave, torbida e lenta)
Fermati. (Movendosi per avvicinarsi e trattenerla)
                    Affretti il colpo, (Solleva il braccio in atto di ferirsi)
parte dell'alma mia,
             Quella che ottenni
Dunque delusa io sono,
se di te m'assicuro?
lo giuro a te, cor mio.
pria che a lui t'incammini.
No, prence. I suoi confini
ah tu non sai... Ma quale
Chi fece il tuo periglio
de' reali custodi
Dalla mia man ti spiace
Perder Beroe paventi,
io ne sarò custode;
i paterni rigori?
Volubile, incostante
solamente l'istesso
Ma qual gioia improvvisa, (Alla destra d’Amasi)
tu vedi de' mortali
dov'è? Tanto al mio ciglio
Pentito, ubbidiente
Sorgi. Il tuo pentimento
non ne sarà gelosa.
                            Io Nitteti! (Esce Nitteti e l’ascolta)
Ah vieni, amata figlia, (Le va incontro, l’abbraccia e resta alla destra di Beroe)
Amestri che bambina
te in fasce alla mia sposa
a far credere attese;
d'Iside al sacerdote
che a tutti, Aprio vivendo,
il destro alla bambina
d'Iside il sacerdote

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