Metrica: interrogazione
462 settenari (recitativo) in Alessandro nell'Indie Q1 
Le calpestate insegne,
sì temuto Alessandro
Ah si mora e si scemi
della spoglia più grande
Vivi alla tua vendetta,
fra l'ardor dello sdegno
Ah l'adora Alessandro.
No no, gli si contenda (Ripone la spada nel fodero)
l'acquisto di quel core
                           Palese
voi mi toglieste poco,
quella onorata fronte
di grandezze future (Prende il cimiero di Gandarte e se lo pone in capo)
Invano, empia fortuna,
Guerrier, t'arresta e cedi
Pria di vincermi, oh quanto
Su, Macedoni, a forza
Tregua alle stragi. Aduna (A Timagene)
Sono i figli di Giove
dunque ti oppone invano
il mondo in ogni loco
per compire i miei fasti
                                 È degno
destan le mie vittorie?
colà su l'are istesse
In India eroe sì grande
che sol vinto si chiami
poi torni a' regni sui,
Se ambasciador mi vuoi
Prendi questa ch'io cingo (Si cava la spada per darla a Poro)
Vanne e sappi frattanto
non seppe il mio pensiero
anche in fronte a' nemici
Questa, che ad Alessandro
                                   (Oh dei!
trarrian da tua bellezza
Agli empi, o Timagene,
gl'infidi ed Erissena,
                    Io mi credea
più rigido l'aspetto,
più fiero il cor. Ma sono
Quanto invidio la sorte
Se le greche sembianze
spuntò la prima aurora
Dimmi almen, qual ragione
(Che pena!) Ah già per lui
fra gli amorosi affanni
io n'abborisco appunto
Perfidi! Qual riparo, (Alle comparse)
se tardo è alla difesa,
se vile è alla vendetta,
Oh dei, mi fa spavento
più di Poro il coraggio,
(Ecco l'infida). Io vengo,
che una vana costanza,
Ingiusto! È forse ignoto
che quando in su l'Idaspe
vacillar sotto il peso
chiede la nostra sorte
che d'Alessandro al piede
Vuoi che sia la tua mano
Né mai termine avranno
Ingrato! Hai poche prove
l'amistà d'Alessandro,
di mie lusinghe il frutto,
Tollerar più non posso
così barbari oltraggi.
per balze e per foreste
le tue furie una volta
che mai più di tua fede
altra fiamma t'accenda;
Che ti disse Alessandro?
                                   Oh, regina,
come dolce in quel volto
anche aspersa la fronte
Ma giova questo ancora
forse a' disegni miei.
Ditegli che al suo piede
le crederesti? Ah parla,
le sue promesse? Alfine
pegno maggior di questo
                                  Ma intanto
quanto è breve il sentiero
Non può amare Alessandro?
Non può cangiar desio?
Ah non so trattenermi,
serva di qualche inciampo
Mi parlò, lo scopersi
e mille volte il giorno
Or che sciolta ti vedo,
Se Alessandro una volta
un raggio ancora ignoto
Deh non perdiamo, o cara,
che dal ciel n'è permesso.
Eh non è già l'istesso
                                   Ma tanto
cara, sia con tua pace,
non sai che la tua mano
Tu che ad altri gli affetti
Dunque per bene amarti
nasceano i frutti, i fiori,
perché più volte l'anno
Ma se allor le donzelle,
dicean d'essere infide
Non condannarmi, amico,
                          Alla tua fede
Cleofide è tua preda,
che vinca amor, che sia
Ciò ch'io t'offro, Alessandro,
è quanto di più raro
Da' sudditi io non chiedo
Troppo male, o regina,
In faccia ad Alessandro
E nel timor che provo,
or che dappresso ammiro
le città, le campagne
che venisse Alessandro
per trionfar con l'armi
Oh dio! Pur nel mirarti
placido il tuo sembiante,
Spiegai la tua clemenza
che troppo è manifesto
Non domando i miei regni,
Nell'udirti, o regina,
Ma il timore ingegnoso,
Tu di Poro in soccorso,
                             Che ascolto!
che il gran cor d'Alessandro
seppe imitar. Si perda
regno, sudditi e vita,
Tu non mi guardi e fuggi
d'essere agli occhi tuoi
giustifica il mio pianto.
L'esserti odiosa tanto...
Monarca, il duce Asbite
Venga. (Parte Timagene)
                Poro l'invia!
Parla, Asbite; che chiede
la tua credenza. Asbite
forse non ben comprese
volgi qual più ti piace
Forse amante di Poro (A Poro)
sol per colpa d'Asbite (Ad Alessandro)
Ah se il ciel mi destina
Questo d'allorch'io nacqui
che un femminil pensiero
è torbido, è incostante?
                              Ed io
Mi convince abbastanza...
Ricordo il giuramento.
                        Si vede...
No, mio re. Per tuo cenno
già radunai gran parte
Sai pur che in ogni impresa
Tu questi dalle sponde
io sosterrò del ponte
diroccheranno i nostri
L'unico ben, ma grande,
Poro, Gandarte, arriva
vanne, vola e m'attendi
Sì, ma prima all'infida
voglio recar sugli occhi
Va', Gandarte; a momenti
raggiungo i passi tuoi.
Poro, ove corri? E tanto
Germano, anch'io vorrei,
sarà di quel che credi
andar così fra l'armi,
No no. Quella incostante
Miei sdegni, all'opra. Audaci
Provi con sua sventura
Signor, l'India festiva
                               Oh stelle!
                 Di questa colpa
Mio ben. (Trattenendolo)
                    Lasciami. (Si stacca da Cleofide)
                                        Oh dio!
contro un monarca oppresso;
che per punir l'eccesso
Che vuoi? Perché m'arresti,
di vedermi ogn'istante
             Deh se tu m'ami,
non dar prove sì grandi
Il perderti è tormento;
Io vi perdono, o stelle,
È questo, astri tiranni,
Ah qual tempo, qual luogo,
Prendi della mia fede,
Vieni. Quest'altra via
               Sì, mori; oh dio! (Vuol ferirla e si ferma)
palpita il core e fugge
Ah Cleofide, ah sposa,
Perdona i miei furori,
tanto ardimento e tanta
No, più tempo, o regina,
                Le greche schiere,
                  Barbaro, e credi
per l'insulto d'Asbite,
sia da qualunque insulto
                           Deh lascia
non merita il tuo sdegno.
alle sventure in faccia
se a caso, se avvertito,
prigionier non t'arresta,
finger saprò. Frattanto
Ma giacché il ciel pietoso
quali armi, quai custodi
                            Non sia
tentai frenar, ma invano,
regina, il tuo periglio,
che il passaggio assicura
E ben, che vuoi? Domandi
l'insidie, i tradimenti.
(Oh coraggio! Oh fortezza!)
Per disciogliere Asbite,
che fra noi ti condusse,
ad offrirti in sua vece,
Chi sperava, o Gandarte,
                Cinto da' Greci
lungo il fiume, alle tende
fra lor la via s'aperse,
Fuggi, torna in te stessa,
                    Che miro!
Allor che acquisti tanto,
se non credon gli amanti
sembra sdegnato! Io tremo
L'odio, l'ardire indegno
vidi, ascoltai, scopersi
                                     (Oh inganno!
Da un tuo guerrier che invano
Per qual via non pensata
solo all'ire d'un campo?
No no. Solo un consiglio
Con un supplicio orrendo
                            Eh di clemenza
andò quel zelo? È tempo
soffrirò gli altrui sguardi,
se reo di questo eccesso
                              Amico,
Agghiacciai, lo confesso,
Esposto al regio sguardo,
Ah se vuoi sì gran prove
un placido imeneo (A Poro)
Gandarte, in questo stato
qual serie è questa! Oh come
unisca i nostri cori. (Accostandosele in atto di darle la mano)
               (Che ascolto!)
                                           Io fui
che bisogno ha di freno,
Stelle, che far degg'io!
Dove, dov'è il mio bene? (Getta lo stile)
Con troppo orgoglio, o Poro,
E ben sceglila. Io voglio
Sia qual tu vuoi; ma sia
dell'armi il primo onore;
Sugli affetti, su l'alme
Vieni, vieni o germana (Vedendo Erissena)

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