Parla; al cor d'una figlia
Figlia, amico, non sempre
che, per domarla appieno,
M'è noto; e il più nascondi
che a' nostri danni armato
Deggion le nozze, o figlia,
si spiegano i miei sguardi
E s'io chiedessi, o prence,
Bramo che in questo giorno
Perché voler ch'io stesso
Ma poi quegli occhi amati
Con cento squadre e cento
So che il desio di regno,
troppo acerbo lo rende). (A Cesare)
Ove son le promesse? (A Catone)
Io con quest'occhi, io vidi
splender l'infame acciaro
né v'era, il credo appena,
T'inganni; allorch'io taccio,
della patria il sostegno,
mi spinse a mio dispetto,
Chi sa. Gran parte ancora
Vieni, o principe, andiamo
qui si nasconde. (Ei chiede... (Da sé)
che il tuo parlar lo dica.
Consiglio a me si chiede?
per quanto ho di più caro,
Marzia, sia con tua pace,
soffri che a tuo riguardo
mi porto in questo punto.
Vanne, Fulvio; al suo campo
Non più. Da queste soglie
(Marzia, perché sì mesta?)
Servi al pubblico voto!...
che ormai più non soggiorni.
così servo a un tal cenno.
di far quanto a te piace.
Perché non cerchi altrove
quell'eroe sì gran torto?
È il Senato un vil gregge;
che sian l'armi e la sorte
che al mio campo mi renda?
il veggo anch'io; ma il padre
non so dirti a qual segno
Nol niego, Emilia. È stolto
l'altrui genio guerriero,
ma spesso avvien che questi
porgesti il foglio, e come
l'ascolterò. Ma in faccia
Or viene (Guardando dentro alla scena)
Se allor giovò di questi,
Meglio il voler d'un solo
Che vorresti, che aspetti,
colle nostr'armi altrove (In atto di partire)
Questa è la pace? (A Catone) È questa
sento gli affetti. Emilia, (Vedendo venire Emilia)
d'Iside al fonte appresso,
offre asciutto il cammino
il cor, la vita, il soglio
L'ingiustizia, il disprezzo,
vuol la mia morte. (Oh dio, (Guardando intorno)
(M'inganno (Nell’uscire si ferma)
quale ardir, qual disegno
t'inganni; io ti assicuro
che alle tue tende or ora
Ma no; prima al tuo campo
Pur veggo alfine un raggio
chiuso mi sembra. Oh dio!
ch'altri s'appressi. È questo
Olà, costui svenate. (Esce la gente d’Emilia)
Tu in Utica, o superbo? (A Cesare)
Tu seco, o scellerata? (A Marzia)
Che si vuol? Che si tenta?
non men che all'odio mio.
Corri, amico, e raffrena (A Fulvio)
Parte di voi rimanga (a’ suoi soldati)
Placati alfine. (A Catone)
fra queste braccia e prendi
Marzia, il vigore (Catone siede)
mi scorre per le vene! (Catone sviene)
No... non vedrai... tiranno...
nella... morte... vicina...
ch'altri s'appressi. È questo
Che si vuol? Che si tenta?
risparmi il sangue nostro
A cento schiere in faccia
di tal dubbio l'oltraggio!
Ah, questa indegna oscura
fra queste braccia e prendi
al suo crudel desio. (Parte)
Con mille e mille abbiamo
Lasciatemi, o crudeli. (Verso la scena)
e in faccia a queste squadre
Ma come?... Per qual mano?...