ma ch'io di nuovo esponga
te l'offre in questo lido
quest'è d'Italia il regno
Se abbandoni il tuo bene,
scoprire il mio tormento).
Che proteste! Io non chiedo
pensa alla tua grandezza,
Queste, che miri intanto,
Mentre io n'accetto il dono,
ma s'ei non è più saggio,
La mia destra, il mio core
Se 'l mio signore irriti,
Araspe, alla vendetta. (In atto di partire)
ch'io gli abbia a serbar fede!
No, t'arresta. Io non voglio
Tanto per lei t'affliggi?
Tutta ho scorsa la reggia,
Stranier, dimmi, chi sei? (Ad Enea)
Troppo ad altri pietosa... (Come sopra)
e a quel d'Enea congiunto
Arbace, a quel ch'io veggio,
avanza ogni altra gloria.
è alcun de' suoi seguaci.
Chi ti destò nel seno (Ad Araspe)
custodite costui. (Parte Araspe con guardie)
Chiari i tuoi sensi esponi.
consacrare il mio affanno
Va' pur, siegui il tuo fato,
Tanto amor, tanti doni...
Ah pria ch'io t'abbandoni,
ch'io sol per tua cagione...
Parlar non puoi! (Pavento
Vado apprendendo l'arti (A Selene)
Se t'accende il mio volto,
Soffri almen la mia fede.
Sempre in me de' tuoi cenni
È un perfido, è un ingrato,
Contro me stessa ho sdegno,
parlar, se gliel concedi.
del moro il fiero orgoglio
Se sprezzi il tuo periglio,
Iarba da' lacci è sciolto!
ma vuol ch'io vada errando
Risparmia al tuo gran core
l'uno e l'altro congiura.
vieni fra queste braccia.
Snuda, snuda quel ferro; (Snuda la spada)
Se non impugni il brando,
discendo al gran cimento,
ch'io resti in quest'arena,
Se dirgli i miei tormenti,
So che vuoi dirmi ingrato,
Deggio incontrar la morte
Ch'io ti sveni? Ah più tosto
Troppo, oh dio, per mia pena
Giacché d'altri mi brami,
il tuo grado e 'l tuo nome
No, Iarba; in te mi piace
Vuoi darti al mio rivale,
Odi; a torto ti sdegni. (S’alza)
destate il vostro ardire,
Vuol portar guerra altrove
Ecco un novello inciampo.
Vengo. Restate, amici, (Alle sue genti)
Venga tutto il tuo regno.
nel tuo sangue infedele (Lascia Iarba, il quale sorge)
tutto estinguer lo sdegno,
Oh dio! Che più ci resta,
Pria che manchi ogni speme,
Mio re, qual nuovo affanno
si disarmi e s'uccida. (Alcune delle guardie di Iarba disarmano Osmida)
così vilmente oppresso. (Ad Araspe)
Senti; se a noi t'involi,
Vanne, Osmida, e proccura
A questo eccesso è giunta
Vanne a lui, prega e piangi.
Alle preghiere, ai pianti
Son io, son quella ancora
Ah stolta! Io stessa, io sono
Io voglio... Ah no... restate...
Fra le strida e i tumulti
più riparo non v'è? (Si comincia a vedere il fuoco nella reggia)
Son vinti i tuoi custodi;
Andiam; si cerchi altrove
corri a stringer la mano?
Va' pure, affretta il piede,
Lo so, questo è il momento
saria giusto il mio pianto.
Pietà del nostro affanno.
Ah faccia il vento almeno,
Selene, Osmida, ah tutti,