Metrica: interrogazione
313 settenari (recitativo) in Alessandro nell'Indie R2 
sì temuto Alessandro
Ah si mora; e si scemi
della spoglia più grande
l'acquisto di quel core
prendi e il real tuo serto
Invano, empia fortuna,
Guerrier, t'arresta e cedi
Pria di vincermi, oh quanto
Su, Macedoni, a forza
Macchia la sua vittoria
                                 È degno
colà sull'are istesse
In India eroe sì grande
che sol vinto si chiami
poi torni a' regni sui;
Ma degno assai. Si lasci
di Dario illustre spoglia
anche in fronte a' nemici
Questa, che ad Alessandro
                                   (Oh dei!
Agli empi, o Timagene,
si raddoppino i lacci
gl'infidi ed Erissena,
                    Io mi credea
più rigido l'aspetto,
più fiero il cor. Ma sono
Quanto invidio la sorte
Se le greche sembianze
spuntò la prima aurora
Dimmi almen qual ragione
(Che pena!) Ah già per lui
fra gli amorosi affanni
Perfidi, qual riparo, (Alle comparse)
se tardo è alla difesa,
se vile è alla vendetta,
Oh dei! Mi fa spavento
più di Poro il coraggio,
(Ecco l'infida). Io vengo, (Con ironia amara)
dell'Oriente oppresso (Cleofide si turba)
Ingrato, hai poche prove
l'amistà d'Alessandro,
di mie lusinghe il frutto,
Tollerar più non posso
così barbari oltraggi.
per balze e per foreste
le tue furie una volta
che mai più di tua fede
altra fiamma t'accenda;
Che ti disse Alessandro? (Poro si turba)
                          (Ma questa (Si corregge)
so che dolce in quel volto
anche aspersa la fronte
Ma giova questo ancora
forse a' disegni miei.
ditegli che al suo piede
Dei, che tormento è questo!
serva di qualche inciampo
mi parlò; lo scopersi
quanto è breve il sentiero
Or che sciolta ti vedo,
Se Alessandro una volta
Eh non è già l'istesso
                                   Ma tanto
cara sia con tua pace,
mi giuravi il possesso.
nasceano i frutti, i fiori,
perché più volte l'anno,
Ma se allor le donzelle,
dicean d'essere infide,
Ciò ch'io t'offro, Alessandro,
è quanto di più raro
Da' sudditi io non chiedo
tornino que' tesori. (Timagene si ritira dando ordine agl’indiani che tornino su le navi co’ doni)
giustifica il mio pianto. (Piange)
L'esserti... odiosa... tanto...
T'arresta. Ah mal, regina, (Arrestandola)
In faccia ad Alessandro
Monarca, il duce Asbite
Venga. (Timagene parte)
                (Poro l'invia! (Turbata)
Parla, Asbite; che chiede
la tua credenza. Asbite
forse non ben comprese
Più dell'Idaspe il varco
oltraggi non son questi
Qual risposta mi rendi?
che un femminil pensiero
è torbido e incostante?
                              Ed io
Mi convince abbastanza...
Ricordo il giuramento.
                        Si vede...
No, mio re. Per tuo cenno
già radunai gran parte
Sai pur che in ogni impresa
Tu questi dalle sponde
io sosterrò del ponte
diroccheranno i nostri
L'unico ben, ma grande,
Poro, Gandarte, arriva
vanne, vola e m'attendi
Sì, ma prima all'infida
voglio recar sugli occhi
Va', Gandarte; a momenti
raggiungo i passi tuoi.
andar così fra l'armi,
No no. Quella incostante
Miei sdegni, all'opra. Audaci
Provi con sua sventura
Signor, l'India festiva
                               Oh stelle!
                 Di questa colpa
Ma per pietà, ben mio,
non più sospetti. Io t'amo,
fuggitivo or ti sieguo;
lascio i paterni lidi;
qualunque fallo antico...
son pur brevi i contenti.
per noi dunque ogni speme?
tanto ardimento e tanta
No; più tempo, o regina,
                Le greche schiere,
                  Barbaro, e credi
per l'insulto d'Asbite
sia da qualunque insulto
alle sventure in faccia
Non l'ingannai. Sedotti
se a caso, se avvertito,
prigionier non t'arresta.
È ver, tentò svenarmi
                            Non sia
Per salvarti, o regina,
tentai frenar, ma invano,
ogni schiera orgogliosa
Io sposa d'Alessandro! (Sorpresa)
quando un campo ribelle
che 'l passaggio assicura
E ben che vuoi? Domandi
l'insidie, i tradimenti.
(Oh coraggio, oh fortezza!)
(Oh fede che innamora!)
(E fia ver che mi vinca
che fra noi ti condusse,
ad offrirti in sua vece,
Chi sperava, o Gandarte,
                Cinto da' Greci
lungo il fiume, alle tende
fra lor la via s'aperse,
tutti gli umani eventi, (Con passione disperata)
spesso è pubblico bene;
Fuggi; torna in te stessa;
Ma lasciami, Erissena, (Con noia)
Alle ingiurie, Erissena,
E ostentar con tal fasto
se non credon gli amanti
Se il mio foglio ei non ebbe,
ch'ella sarà mia sposa,
                                Siam soli; (Tutto senza sdegno)
Ardir. Che? La tua mano
Ah! Qual è quell'infame,
chi l'esempio ne diede?
mi renderà, tel giuro,
Oh delitto! Oh perdono!
soffrirò gli altrui sguardi,
se reo di questo eccesso
ch'a un disperato affanno
Molto acquista chi perde
                       Ah no! (Trattenendolo)
                                      T'arresta. (Come sopra)
Lasciatemi. (Volendosi liberar da loro)
                         Ti perdi.
Seguilo almen, Gandarte;
Signor, fermati; ascolta.
del cor la miglior parte,
                     Aimè! Del tempio
per te mi trema in seno.
si destino le fiamme. (I sacerdoti accendono il rogo)
leghi le destre e i cori. (Accostandosele in atto di darle la mano)
               (Che ascolto!) (Resta immobile Poro nell’attitudine di scagliarsi)
                                           Io fui
che bisogno ha di freno,
Chi usurpa il nome mio? (Scoprendosi)

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