A te, caro Aminta. (Lieta e frettolosa)
quindi lungi non è? Che tutte infesta
perché sola t'esponi all'insolente
Il non vederti è il mio maggior periglio.
Deh m'ascolta. Ho colmo il core
di felici speranze; e non ho pace,
finché con te non le divido.
fai torto alla virtù. Son della nostra
quelle schiere che temi. Ei da un tiranno
venne Sidone a liberar; né vuole
ne franse il giogo e ne ricusa il trono.
Chi sarà dunque il nostro re?
che ignoto anche a sé stesso occulto viva
che Alessandro ne cerchi. Odi; la mia
pietosa madre, oh cara madre! alfine
già l'amor mio seconda; ella de' nostri
va l'assenso a implorar dal genitore;
e l'otterrà, me lo predice il core.
degno, Elisa, di te. Tu vanti il chiaro
sangue di Cadmo; io pastorello oscuro
ignoro il mio. Tu abbandonar dovrai
per me gli agi paterni. Offrirti invece
io non potrò nella mia sorte umile
che una povera greggia, un rozzo ovile.
Non lagnarti del ciel; prodigo assai
ti fu de' doni suoi. Se l'ostro e l'oro
a te negò, quel favellar, quel volto,
quel cor ti diè. Non le ricchezze o gli avi,
cerco Aminta in Aminta; ed amo in lui
fin la sua povertà. Dal dì primiero
che ancor bambina io lo mirai, mi parve
quel pastor, quella greggia e quell'ovile;
quell'ovil, quella greggia e quel pastore.
felicità! Quei cari detti...
Corro alla madre e vengo a te. Fra poco
io non dovrò mai più lasciarti. Insieme
sempre il sol noi vedrà, parta o ritorni.
Oh dolce vita! Oh fortunati giorni!
Perdono, amici dei. Fui troppo ingiusto
lagnandomi di voi. Non splende in cielo
dell'astro, che mi guida, astro più bello.
Se la terra ha un felice, Aminta è quello.
(Ecco il pastor). (Piano ad Alessandro)
la mia povera greggia. (In atto di partire)
Amico, ascolta. (Ad Aminta)
qualunque sei, d'abbeverar la greggia
Andrai. Ma un breve istante
donami sol. (Che signoril sembiante!) (Ad Agenore)
un lustro già ch'io lo perdei.
poche agnelle, un tugurio e il cor contento.
non bramo della mia sorte più bella.
Ma in sì scarsa fortuna...
che ti fremono intorno armate squadre,
io lodo, tu disprezzi e il ciel protegge,
Hai dubbi ancora? (Piano ad Alessandro)
(Quel parlar mi sorprende e m'innamora).
S'altro non brami, addio.
ad Alessandro io guiderò, se vuoi.
ei me dalle mie cure; io qualche istante
al mondo usurperei del suo felice
benefico valor. Ciascun sé stesso
deve al suo stato. Altro il dover d'Aminta,
altro è quel d'Alessandro. È troppo angusta
per lui tutta la terra. Una capanna
assai vasta è per me. D'agnelle io sono,
picciol campo io coltivo; ei fonda imperi.
in un punto cangiar tutto il tenore.
Sì; ma il cielo finor mi vuol pastore.
quel pastorel lo sconosciuto erede
del soglio di Sidone! Eran già grandi
le prove tue; ma quel parlar, quel volto
son la maggior. Che nobil cor! Che dolce,
che serena virtù! Sieguimi. Andiamo
la grand'opra a compir. De' fasti miei
sarà questo il più bello. Abbatter mura,
eserciti fugar, scuoter gl'imperi
è il piacer che gli eroi provano in terra.
coronar la virtù, togliere a lei
quel che l'adombra ingiurioso velo
è il piacer che gli dei provano in cielo.
Agenore? T'arresta. Odi...
leggiadra pastorella. Io d'Alessandro
deggio or sull'orme... (Oh dei! Tamiri è quella
Tu qui? Tu in questa spoglia?
ch'è la mia libertà, giacché Alessandro
padre e regno m'ha tolto.
ti piansi e ti cercai! Ma dove ascosa
tu d'aprirmi un cammin, ben mio, proccura;
altrove almeno io piangerò sicura.
un consiglio più saggio? Ad Alessandro
Straton sé stesso uccise; ei la clemenza
offrir la destra? Io delle greche spose
andrò gl'insulti a tollerar?
Non conosci Alessandro. Ed io non posso
per or disingannarti. Addio. Fra poco
a te verrò. (In atto di partire)
Già mi son noti. (Come sopra)
a' tuoi begli occhi, o principessa, il chiedi.
inclementi con me. Cangiaste, è vero,
in capanna il mio soglio, in rozzi velli
la porpora real; ma fido ancora
Pietosi dei, voi mi lasciaste assai.
Oh lieto giorno! Oh me felice! Oh caro
mio genitor! Ma... Dove andò? Pur dianzi
qui lo lasciai. Sarà là dentro. Aminta?
Aminta... Oh stolta! Or mi sovviene; è l'ora
d'abbeverar la greggia. Al fonte io deggio
e non qui ricercarne... E s'ei tornasse
per altra via? Qui dee venir. S'attenda
e si riposi; io n'ho grand'uopo. Oh come (Siede)
mi balza il cor! Non mi credea che tanto
affannasse un piacere... Eccolo... Ha scossi
alcun que' rami... È il mio Melampo. Ah questo
è un eterno aspettar! No; non poss'io (S’alza)
più rimaner. (In atto di partire)
Ah tornasti una volta! Andiamo.
non m'ingannò. Sarai mio sposo e prima
che il sol tramonti. Impaziente il padre
n'è al par di noi. D'un così amabil figlio
superbo e lieto... Ei tel dirà. Vedrai
dall'accoglienze sue... Vieni.
lasciami respirar! Pietà d'un core
Deh non tardiam; respireremo insieme. (Come sopra)
il primo omaggio, eccelso re, ricevi.
Lasciami in pace; e prendi (Con viso sdegnoso)
alcun altro a schernir. Libero io nacqui,
se re non sono; e se non merto omaggi, (Crescendo il risentimento)
ho un core almen che non sopporta oltraggi.
te scopre e me difende. Odimi e soffri
che ti sveli a te stesso il zelo mio.
Come! Aminta ei non è? (Ad Agenore)
Tu Abdolonimo sei, l'unico erede
dal reo Stratone il padre tuo bambino
al mio ti consegnò. Questi morendo
te, il segreto e le prove.
Ed io finor tacendo alla paterna
legge ubbidii. M'era il parlar vietato,
finché qualche cammin t'aprisse al trono
l'assistenza de' numi. Io la cercai
nel gran cor d'Alessandro e la trovai.
Dunque Alessandro... (Ad Agenore)
vuol coronarti il crin. Le regie spoglie
quelle son ch'ei t'invia. Questi che vedi
son tuoi servi e custodi. Ah vieni ormai;
ah questo giorno ho sospirato assai! (Parte)
questo colpo per me, benché improvviso.
Un cor di re sempre io ti vidi in viso.
al padre tuo. (S’incammina)
No; maggior cura i numi (L’arresta)
ora esigon da te. Va', regna e poi...
Che? M'affretti a lasciarti?
come sta questo cor! Di gioia esulta.
importuni timori. Or non si pensi
se non che Aminta è re. Deh va'; potrebbe
Ma troppo è caro a questo prezzo un trono.
Seguimi. A che t'arresti?
tremo da capo a piè. Torniam, se m'ami,
torniamo al tuo soggiorno.
pria d'Agenore in traccia; ed or nol curi
da lungi il rischio; or che vi son, comprendo
non son quelle de' Greci? E se di loro
mi scopre alcuno? Ah per pietà fuggiamo,
È follia. Chi vuoi che possa
scoprirti in queste vesti? E se potesse
scoprirti ognun, che n'avverrebbe? È forse
un barbaro Alessandro? Abbiam sì poche
prove di sua virtù? Del re de' Persi
Lo so; ma la sventura mia
forse è maggior di sua virtù; non oso
di metterle a cimento. Andiam.
puoi tornar sola. Io nulla temo e voglio
cercare Aminta. (Incamminandosi verso il padiglione)
m'inspira andar. (Risoluta)
Dunque mi segui. (S’incamminano come sopra)
Oh dio! (Fa qualche passo e poi s’arresta)
Dunque mi lasci? (Le fugge di mano)
è la tenda maggior. Qui l'idol mio
leggiadra ninfa? (Arrestandola)
Io vado al re. (Vuol passare)
Dunque andar poss'io. (Incamminandosi)
Ferma. Né pure (Arrestandola)
vederlo sol. (Come sopra)
mi sarà d'aspettarlo. (Siede come sopra)
deh non turbarci. Io col tuo re fra poco
di lei parlar. Già incominciai ma fui
nell'opera interrotto. Ah va'! S'ei viene,
T'appagherò. Frattanto (S’alza, s’incammina e poi si volge)
E parla di me? (Da lontano)
E che dice? (Torna ad Agenore)
Ma tu partir non vuoi. Se tutte io deggio (Con impeto)
Vado; non ti sdegnar. Sei pur crudele!
Nel gran cor d'Alessandro, o dei clementi,
a favor di Tamiri. Ah n'è ben degna
la sua virtù, la sua beltà... Ma dove,
pur da lungi or mirai; perché s'asconde?
Ferma, signor. (L’arresta)
la giustizia, il decoro, il bene altrui,
io fui men servo? E che mi giova il regno?
tu giovar devi a lui. Te dona al regno
il ciel, non quello a te. L'eccelsa mente,
l'alma sublime, il regio cor, di cui
largo ei ti fu, la pubblica dovranno
felicità produrre; e solo in questa
tu dei cercar la tua. Se te non reggi,
come altrui reggerai? Come... Ah mi scordo
che Aminta è il re, che un suo vassallo io sono.
Errai per troppo zel; signor, perdono. (Vuol inginocchiarsi)
parlami ognor così. Mi par sì bella
la verità, quando mi sferza ancora.
non deggio amar chi m'ama? È poco Elisa
degna d'amore? Ho da lasciar regnante
chi mi scelse pastore? I suoi timori,
farmi pietà? Chi condannar potrebbe
fra gli uomini, fra i numi, in terra, in cielo
Ah pria di tutto andiamo,
amico, a consolarla e poi...
Sciolto è il consiglio; escono i duci; a noi
i suoi custodi alla real divisa?
Agenore. (Ad Agenore che parte)
poi teco favellar. Per qual cagione (Agenore si ferma)
ravvolto ancor fra quelle lane istesse?
su quella man, che lo solleva al regno,
del suo grato rispetto un bacio in pegno.
del mio benefattor... (Vuole inginocchiarsi)
vieni alle braccia; e di rispetto invece
rendigli amore. Esecutor son io
dei decreti del ciel. Tu del contento,
sol mi sei debitor. Per mia mercede
io saprò meritar, se fino ad ora
una greggia a guidar solo imparai?
Sarai buon re, se buon pastor sarai.
come l'antica; e dell'antica al pari
te la nuova amerà. Tua dolce cura
ombre liete, erbe verdi, acque sincere
non fu sinor? Tua dolce cura or sia
di quest'altra cercar. Vegliar le notti,
il dì sudar per la diletta greggia,
esporti generoso in sua difesa
forse è nuovo per te? Forse non sai
che atterrir con la verga? Ah porta in trono,
porta il bel cor d'Aminta; e amici i numi,
come avesti fra' boschi, in trono avrai.
Sarai buon re, se buon pastor sarai.
ignoto e procelloso. Or se tu parti,
chi sarà l'astro mio? Da chi consigli
mi promette un gran re. Del mar che varchi
già lo scoglio peggior. Darne consiglio
spesso non vuol chi sa. Di fé, di zelo,
di valor, di virtù sugli occhi nostri
fa pompa ognun; ma sempre uguale al volto
ognun l'alma non ha. Sceglier fra tanti
chi sappia e voglia è gran dottrina; e forse
è la sola d'un re. Per mano altrui
ben di Marte e d'Astrea l'opre più belle
può un re compir; ma il penetrar gli oscuri
nascondigli di un cor, distinguer chiara
la verità tra le menzogne oppressa
è la grande al re solo opra commessa.
quei che sceglie a regnar. Nebbie d'affetti
se dal tuo cor tu sollevar non lasci
a turbarti il seren, tutto vedrai.
Sarai buon re, se buon pastor sarai.
Tanto ardir da quei detti...
quelle rustiche vesti; altre ne prendi
e torna a me. Già di mostrarti è tempo
sé stesso onori, il donatore e il dono!
o Agenore, non soffre. Oggi a Sidone
il suo re donerò. Col nuovo giorno
partir vogl'io. Ma, tel confesso, a pieno
soddisfatto non parto. Il vostro giogo
io fransi, è vero; io ritornai lo scettro
nella stirpe real; nel saggio Aminta
un buon re lascio al regno, un vero amico
in Agenore al re. Sarebbe forse
onorata memoria il nome mio
lungamente fra voi. Tamiri, oh dei,
sol Tamiri l'oscura. Ov'ella giunga
di me che si dirà? Che un empio io sono,
se figlia d'un tiranno ella temea...
Questo è il suo fallo. E che temer dovea?
le colpe altrui, le altrui virtudi onora.
L'Asia non vide altri Alessandri ancora.
Quanta gloria m'usurpa! Io lascerei
tutti felici. Ah per lei sola or questa
riman del mio valore orma funesta!
altrui mostrar, se non fuggia Tamiri,
ch'io distinguer dal reo so l'innocente.
che a te venni; e or volea...
Vado e ritorno. (In atto di partire)
non strinse amore). Or sì contento a pieno
partir potrò. Vola a Tamiri e dille
io darò la corona, ella la mano.
Sì, amico. Ah con un sol diadema
di due bell'alme io la virtù corono!
senza ch'ella ne scenda; e a voi la pace,
rendo così; tutto assicuro.
Disapprovi il consiglio? È pur Tamiri...
quel tacer dunque è segno e quel pallore?
Di piacer, di rispetto e di stupore.
Oh inaspettato, oh fiero colpo! Ah troppo,
trascendeste i miei voti. Io non chiedea
tanto da voi. Misero me! Ti perdo,
bella Tamiri, e son cagione io stesso
della perdita mia. Folle ch'io fui!
Ben preveder dovea... Come! Ti penti,
d'un atto illustre? E tu sei quel che tanta
virtude ostenta? E quel tu sei che ardisce
di correggere i re? Torna in te stesso
e grato ai numi... Ah rimirar potrai
la tua bella speranza ad altri in braccio
senza morir? No; ma la scusa è indegna,
o Agenore, di te. Se ami la vita
men dell'onor, se più Tamiri adori
che il tuo piacer, guidala in trono e mori.
Eccomi a te di nuovo; ecco deposte
le care spoglie antiche. Avvolto in questi
lucidi impacci alla mia bella Elisa
mal noto forse io giungerò. Potessi
signore, è tempo. Or che sei re, conviene
che a pensar tu incominci in nuova guisa.
di chi può ciò che vuole, e vuole il giusto.
tutti i troni sossopra. Elisa è stato,
Elisa è il mio pensiero; e fin che l'alma
sempre Elisa il sarà. Scordarmi Elisa?
Sai che fece per me? Sai come...
Se lo tentassi, io ne morrei.
Di tua virtù non ben conosci ancora
tutto il valor. Sentimi solo; e poi...
Che mai, che dir mi puoi?
sceglie il cielo un regnante... Ah viene Elisa!
Fuggiam. (Vede Elisa alla destra)
di te, di lei. L'ucciderai, se parli
No; dei fuggirla. Andiam; soffri un eccesso
dell'ardita mia fé sol questa volta. (Lo prende per mano e s’incammina seco in fretta verso la sinistra)
Tanto bisogna (Ad Aminta)
A me pensasti? (Ad Agenore)
Pensasti a me? (Ad Aminta)
Posso saper qual sia (Ad Agenore)
il mio pastor nel re? (Ad Aminta)
Ma tu sospiri? (Ad Agenore)
si parlerà! Lasciateci un momento
Oh dei! Scacciarne? E tu che dici, Aminta?
Han quelle spoglie anche il tuo cor cangiato.
Ahimè! Declina il sol. Già il tempo è scorso
Agenore concesse. Ad ogni fronda
che fan l'aure tremar, parmi ch'ei torni,
e a decider mi stringa. Io, da che nacqui,
mai non mi vidi in tanta angustia. Elisa (Siede)
tenero, lungo e generoso amore.
Agenore m'opprime. Io nel periglio
di parer vile o di mostrarmi infido
tremo, ondeggio, m'affanno e non decido.
E questo è il regno? E così ben si vive
fra la porpora e l'or? Misere spoglie!
Siete premio o castigo? In questo giorno
non ho più ben, da che mi siete intorno.
Finché in povere lane... Oh me infelice!
Agenore già vien. Che dirgli? Oh dio! (Si leva)
resistergli non so. Troppo ha costui
dominio sul mio cor. Mi sgrida e l'amo;
m'affligge e lo rispetto. Ah non si venga (Pensa e poi risoluto)
dunque d'andar più non ricusi?
vedi che andar non ponno insieme.
Né d'un eroe benefico al disegno
oppor si dee chi ne riceve un regno.
Oh fortunato Aminta! Oh qual compagna
ti destinan le stelle! Amala; è degna
tutta la mia felicità. Non dirmi
d'amar la sposa mia. Già l'amo a segno
che senza lei mi spiacerebbe il regno.
dal carcere del cor. Più nol contende
alfin la mia virtù. L'onor, la fede
abbia l'amor qualche momento almeno.
Oh dio, bella Tamiri, oh dio...
s'inventan qui per tormentarmi. È sparso
darà la man di sposo; e si pretende
che a tal menzogna io presti fé. Dovrei,
di tanta infedeltà, conoscer meno
d'Aminta il cor. Ma chi sarà costui
esci d'error; nessun t'inganna.
tu sì credulo ancor? Tu ancor faresti
dunque Aminta così?... No; non è vero.
Ti lasciasti ingannar. Donde apprendesti
non dessi oppor chi ne riceve un regno.
Santi numi del ciel! Come? A Tamiri
No; non sarà mai vero. (Con impeto ma piangendo)
nol pretenda Tamiri; egli è mio sposo;
io l'amai da che nacqui; Aminta è mio.
ma inutile il tuo duol. Se saggia sei,
se imitar mi vorrai. Puoi consolarti;
e ne dei dall'esempio esser convinta.
consolarmi io non voglio; io voglio Aminta.
Ma s'ei più tuo non è, con quei trasporti
Che far posso? Ad Alessandro,
agli uomini, agli dei pietà, mercede,
giustizia chiederò. Voglio che Aminta
che del suo cor m'ha fatto dono; e voglio,
se pretende il crudel che ad altri il ceda,
voglio morir d'affanno e ch'ei lo veda.
Povera ninfa! Io ti compiango; e intendo
nella mia la tua pena. E pure Elisa
ha di me più valor. Perde il suo bene
ed ha cor di vederlo; a tal cimento
la mia virtù non basta. Io da Tamiri
convien che fugga; e ritrovar non spero
alla mia debolezza altro ricorso. (In atto di partire)
non recarmi tu stesso? Io dal tuo labbro
più che da un foglio tuo l'avrei gradita.
Era men grande (Con risentimento)
che il cedermi ad Aminta.
in faccia a te... Bella regina, addio.
Sol tua mercé. (Con ironia)
Tanto rispetto (Con isdegno)
è immaturo finor. Sarà più giusto,
Che? Nol vedrai? Ti voglio (Con impeto)
E ubbidisci così la tua regina? (Con impeto)
il mio benefattore, e si compiaccia
(Che tirannia!) Deh cangia,
Prieghi non odo (Con impeto)
né scuse accetto. Ubbidienza io voglio
le tirannie d'amore. Ah non è vero.
misero core, a tollerar ti resta.
Olà, che più si tarda? Il sol tramonta;
Signor, non dubitarne; è dessa.
sanno gli eroi; ma sollevargli al trono
sanno sol gli Alessandri. Io dirti i moti,
signor, non so, che per te sento in petto;
vincitor ti rispetto, eroe t'onoro,
t'amo benefattor, nume t'adoro.
la mia grandezza all'amor suo prepone.
Se alla grandezza mia posporre io debba
esamini Alessandro e ne decida.
Alessandro faria far voglio anch'io.
E tu sapesti amando... (Ad Agenore)
più ambiziosa che amante; io t'ho punito.
Ah giustizia, signor, pietà, mercede!
a pro d'un core ingiustamente oppresso.
Contro Alessandro istesso.
ogni mia pace, ogni mio ben; d'affanno
D'Aminta io vivo; ei mi rapisce Aminta.
ebbi il suo core in dono; e fino ad ora
sempre quel core ho posseduto in pace.
chi ne dispon, s'io non lo cedo; ed io
la vita cederò, non l'idol mio.
Colui che il cor ti diè, ninfa gentile,
era Aminta il pastore; a te giammai
Abdolonimo il re non diede il core.
Signore, io sono Aminta e son pastore.
ecco al tuo piè; con le mie lane intorno
alla mia greggia, alla mia pace io torno.
del cor d'un re; ma non è degna Elisa
ch'io le manchi di fé. Pastor mi scelse;
re non deggio lasciarla. Elisa e trono
giacché non vanno insieme, abbiasi il regno
purché Elisa mi resti, io son contento.
più che un re senza fede esser mi piace.
Agenore, io tel dissi; Aminta è mio.
miseri ad onta mia tutti io vi rendo!
Ah non sia ver. Sì generosi amanti
non divida Alessandro. Eccoti, Aminta,
la bella Elisa. Ecco, Tamiri, il tuo
Agenore fedel. Voi di Sidone (Ad Aminta ed Elisa)
or sarete i regnanti; e voi soggetti (Ad Agenore e Tamiri)
non resterete. A fabbricarvi il trono
ed a tanta virtù non manca un regno.
qui non ti guida il cielo. Il ciel predice
tutto per questa via forse il tenore.
Bella sorte d'un regno è il re pastore.