che fuman l'are, che al solenne rito
che il re l'attende. (Ricevuto l’ordine, parte una guardia. Nel mentre che parla Semiramide, esce Sibari guardandola con meraviglia)
(Io non m'inganno, è dessa).
Lascia che a' piedi tuoi... (S’inginocchia)
S'allontani ciascun. (Che incontro!) Sorgi. (Le guardie si ritirano in lontano)
dell'impero de' Battri unica erede,
qui scegliendo lo sposo oggi decide
che il volto suo, che il suo retaggio accese.
tutta l'Asia mirar; ma non sperai
in sembianza viril sul trono assiro
di ritrovar la sospirata e pianta
Nino ciascun mi crede; e il palesarmi
vita, regno ed onor potria costarmi.
non rammentarmi. Abbandonai con lui
la patria, il regno, il genitor, le nozze
e pur, nol crederai, l'istesso Idreno,
che m'indusse a fuggir, tentò svenarmi.
ei mi gettò ferita e semiviva.
fu la ferita; e la selvosa sponda
la caduta scemò, mi tolse a morte.
Qual fu poi la tua sorte?
il brando strinsi, pascolai gli armenti,
pastorella, guerriera e pellegrina,
del talamo real mi volle a parte.
non successe nel regno il picciol Nino?
Il crede ognun; la somiglianza inganna
miglior tempo a scoprirle i miei martiri?
T'accheta, ecco Tamiri. (Vedendo venir Tamiri)
oggi l'Asia il riposo, io degli affetti
alla bellezza tua l'aspetto illustre
de' principi rivali. Al fianco mio, (Una guardia va sul ponte e accenna che vengano i principi)
e i merti di ciascun senti e decidi. (Semiramide va sul trono, Tamiri a sinistra nel sedile; Sibari è in piedi a destra. Intanto, preceduti dal suono di stromenti barbari, passano il ponte Mirteo, Ircano e Scitalce col loro seguito; si fermano fuori del portico e poi entrano l’un dopo l’altro, quando tocca loro a parlare)
Al tuo cenno, gran re, deposte l'armi,
che fra noi si contende, è quella?
l'arbitro degli Sciti amante e sposo.
tu d'Assiria i costumi ancor non sai.
In Assiria il parlar dunque è delitto? (Si ritira indietro)
L'Egitto è il regno mio; sospiri e pianti,
rispetto e fedeltà sono i miei vanti.
Siedi, principe, e spera; a lei che adori
Qual ti sembra Mirteo? (Piano a Tamiri)
Molle e noioso. (Piano a Semiramide)
Dunque a vostro piacer...
Parla, se vuoi. (Al medesimo)
l'opposto di colui. Sospiri e pianti
non son pregi fra noi. Pregio allo Scita
al caldo, al gel delle stagioni intere
e domar combattendo uomini e fere.
Qual ti sembra costui? (Piano a Tamiri)
Barbaro e strano. (Piano a Semiramide)
(Oh stelle! Io veggo Idreno!
Sibari, oh dio! Questo è Scitalce? (Piano a Sibari vedendo Scitalce)
Sarà. (Dopo averlo considerato)
(Numi, che volto!) Il re novello,
Ircano, dimmi, è quel ch'io miro?
ancor tu vieni alla real Tamiri
il tributo ad offrir de' tuoi sospiri?
Non sperai... Mi credea... Ma veggo... (Oh dei!)
(Si confonde il crudel sugli occhi miei).
Siedi, Scitalce. Il turbamento io credo
figlio d'amor; né a paragon d'ogni altro
Ubbidisco. (Si ritira lentamente verso il sedile)
il successor della corona assira? (Ad Ircano)
Perché ravviso (Piano a Tamiri)
Ma pur mi piace. (Piano a Semiramide)
Che più s'attende? È tempo
giurar si dee di tollerar con pace
la scelta d'un rivale. Al nume, all'ara,
Ogni tuo cenno è legge. (S’alza e va all’ara)
Io l'approvo. (Scitalce e Mirteo pongono la mano su l’ara stando un per parte)
Io l'assicuro. (S’alza ma non parte dal suo luogo)
Degli Sciti ecco l'ara ed ecco il nume. (Ponendosi la mano al petto ed accennando la spada)
di Mirteo l'umiltà veggo ed ammiro;
entro la reggia all'oscurar del giorno;
sarem compagni e spiegherà Tamiri
ivi il suo cor. Voi tollerate intanto
mal soffro un re de' miei contenti avaro.
Desiato piacer giunge più caro.
O sognavo in quel punto o sogno adesso).
Sì pensoso, o Scitalce? Ami o non ami?
Da lunge avvampi e da vicino agghiacci?
O tutto mi palesa o nulla intendo.
la dimora a Scitalce; ei pensa e tace.
che l'amor t'assicura oggi d'Ircano.
Non rispondi? Ne temi? Ecco la mano.
ha di frapporre a' miei cortesi affetti
Che! Tu conosci amore? Il tuo piacere
è domar combattendo uomini e fere.
non mi spiace però; godo in mirarti
più dell'usato intorno a te s'arresta.
Gran sorte inver del mio sembiante è questa!
La principessa udisti? Ella superba
va degli affetti miei. Misero amante!
Ti sento sospirar, ti veggo afflitto.
e per consiglio mio torna in Egitto.
Mi fai pietà. La tua fiducia insana,
il tuo rozzo parlar, con cui l'offendi,
ti rinfaccia Tamiri; e non l'intendi.
Dunque in diversa guisa i loro affetti
qui trattano gli amanti? E quale è mai
questo vostro d'amor leggiadro stile?
qui si parla d'amor; qui con rispetto
si soffre volentier, benché severa.
Miserabil mercé! No, d'involarti
il pregio di gentil non ho desio.
Ciascun siegua il suo stile; io sieguo il mio. (Parte)
regnar così! Ma non è ver; se un giorno
in servitù d'una crudele e bella,
sarai men franco e cangerai favella.
Semiramide in Nino? A me la scopre
placidi al moto, il favellar, la voce,
la fronte, il labbro e l'una e l'altra gota
facile ad arrossir, ma più d'ogni altro
subito torna a palpitarmi in petto.
(Dei! La conobbe). Ah no. Se fosse tale,
al germano Mirteo nota sarebbe.
Ah più d'ogni altro, amico,
io crederlo dovrei. Tutto fu vero
quanto svelasti a me. Nel luogo andai
destinato da lei; venne l'infida;
l'insidie ritrovai. Cinto d'armati
E il conoscesti? (Con timore)
(Torniamo a respirar; non sa ch'io fui).
l'empia trafissi e la balzai nell'onda.
pace non so trovar. Sempre ho sugli occhi,
sempre il tuo foglio, il mio schernito foco,
la sponda, il fiume, il tradimento, il loco.
Il foglio mio! Forse lo serbi?
per gloria tua, per mia difesa.
alla mia sicurezza. È qui Mirteo;
a tutti il celerò. Ma corrisponda
alla mia la tua fé; non dir che Idreno
Addio. (Torbido è il mare, il tempo è nero;
bisogna in tanto rischio un gran nocchiero). (Parte)
ingannar mi potrebbe. Al re si vada;
si ritorni a veder... (In atto di partire)
(Oh dio! Che dubitarne? È dessa). (Vedendo Semiramide)
(Vorrà scoprirsi). Altrove
portare il piè; tutta agli accenti suoi
Va' pur; so quel che brami. (Tamiri parte)
(Ancor mi guarda e tace!)
Impallidisci, avvampi e sei confuso!
veder mi parve e mi turbò la mente;
quella crudel mi figurai presente.
quell'infida direi che in te si annida.
Se fu simile a me, non era infida.
Ah menzognera, ingrata... (Alterato)
quella crudel mi figurai presente.
allo sguardo colei come al pensiero,
forse, chi sa? non ti vedrei sì fiero.
alfin ch'io non la curo). Ah, se tu vuoi,
parla; di me ti puoi fidar.
mercé del tuo favor, render Tamiri.
(Oh ingrato! Oh disleale!)
Non più. (Fingiam). Ti compatisco amante.
ogni tua brama a secondar m'appresto.
Torna appunto Tamiri; il tempo è questo.
ch'è l'amor mio, ch'è il mio tormento estremo.
Allontanati e taci. (Io fingo e fremo). (Scitalce si ritira indietro)
con Scitalce per te. Di lui ti scorda;
il più perfido core, il più rubello.
Signor, parli di me? (Avanzandosi)
(E pure impallidisce). (Ritirandosi indietro)
d'Ircano e di Mirteo? Chiedasi...
non gli parlar, se la tua pace brami.
innocente in amore ed egli ha l'arte
d'affascinar chi sue lusinghe ascolta.
del mio riposo e compatir tu dei...
chiaro intendere alfin quai son gli affetti
un incendio per te; l'unico oggetto
il mio ben, l'idol mio, la mia speranza.
se siano i detti tuoi finti o veraci;
eccedi e quando parli e quando taci.
Udisti il prence? Egli è diverso assai
non fidarti, o Tamiri; altro interesse
non ho che il tuo riposo.
del zelo tuo; ma sì crudel nol credo.
sposo a Tamiri? E soffrirò che ad onta
gran disastri in amor. Se pigri siete,
Scitalce usurperà. Correte a lei;
pietà chiedete; e, se pietà bramate,
qualche stilla di pianto ancor versate.
A placar quell'ingrata il pianto è vano.
risponderà, quando tu voglia.
uniti ad assalir. Pur che si vinca,
lode al par del valor merta l'ingegno.
Sol d'un tuo pari il bel pensiero è degno. (Parte)
incomodi riguardi! Eh ch'io non venni
con essi a delirar. Tremi Scitalce;
o frodi io tenti o violenza aperta.
che già pronta è la mensa. (Parte una guardia) (E beva in questa
Scitalce la sua morte; è troppo il colpo
necessario per me. Scoprir potrebbe
quanto Sibari un dì finse in Egitto).
Io vuo' Scitalce estinto.
vederlo estinto; il tuo furor potrebbe
scomporre un mio disegno.
mi spiegherai l'arcan. (In atto di partire)
tutto scoprir). Poss'io di te fidarmi?
Scitalce è mio nemico; ed io... ma taci,
che Scitalce è lo sposo. A lui Tamiri
il primo nappo offrir; per opra mia
questo sarà d'atro veleno infetto.
Mi piace. E se m'inganni?
Ecco il veleno; (Gli mostra un picciol vaso)
se nol porgo al rival, passami il seno.
Saggio pensiero. Io, tel confesso, amico,
attendono da te premio e mercede.
con più fasto il piacere.
Al nuovo sposo (A Scitalce)
io preparai la fortunata stanza,
chi più di me saria felice?
puoi dubitar? Saggia è Tamiri e vede
Dov'è il tuo foco e l'impeto natio?
Comincio, amico, ad erudirmi anch'io.
Io non intendo (A Tamiri ed a Semiramide)
misto risuoni a liete danze il canto. (Dopo seduta nel mezzo Semiramide siedono alla destra di lei Tamiri e poi Scitalce, alla sinistra Mirteo, poi Ircano. Sibari è in piedi presso Ircano)
In lucido cristallo aureo liquore,
(Ardir, mio core). (Va a prendere la tazza e vi pone destramente il veleno)
Tamiri, e scegli. Il sospirato dono (Dà la tazza a Tamiri)
e goda quegli il grande acquisto in pace.
Principi, il dubbio, in cui finor m'involse
discioglie il genio e non offende alcuno
Ecco lo sposo e il re; Scitalce beva. (Posa la tazza davanti a Scitalce)
Via, Scitalce, che tardi? Il re tu sei.
si punisca così). D'ogni altro amore
mi scordo in questo punto... (Volendo bere, ma poi si arresta) (Ah non ho core).
il dono, o principessa; io non l'accetto. (Posa la tazza sopra la mensa)
Non s'offende in tal guisa una regina.
difensor di Tamiri; e tu non devi (A Scitalce)
la tazza ricusar; prendila e bevi.
Principe, (Ad Ircano) invan ti sdegni; ei col rifiuto
e al demerito suo giustizia rende.
No no; voglio ch'ei beva.
per degno premio al tuo cortese ardire
ricevi tu con più giustizia, Ircano. (Presenta la tazza ad Ircano)
te destino al mio trono, all'amor mio.
Sibari, che farò? (Piano a Sibari)
Mi perdo anch'io. (Piano ad Ircano)
Perché taci così? Forse tu ancora
T'amo... Vorrei... Ma temo... (Io son confuso).
un momento pensar; prendila e bevi;
Ho risoluto. (S’alza e prende la tazza)
Così riceve un tuo rifiuto Ircano.
a mendicar chi le mie nozze accetti?
in Assiria veniste? Il mio sembiante
che a farlo tollerar non basta un regno?
dovresti, o principessa...
Alcun d'amore (S’alza e seco tutti)
più non mi parli. Io sono offesa e voglio
punito l'offensor; Scitalce mora.
il mio dono avvilì. Chi sua mi brama
venga tinto di sangue ed io l'accetto.
il dono offrir della tua testa io voglio.
arrossir ti farò. (In atto di partire con Ircano)
Arrestatevi, olà; l'impresa è mia.
Tacete; è vano il contrastar fra voi.
venga Ircano, Mirteo, venga uno stuolo;
solo io sarò né mi sgomento io solo. (In atto di partire)
il rifiuto soffrì; prima d'ogni altro
io son l'offeso e pria d'ogni altro io voglio
l'oltraggio vendicar. Qui prigioniero
resti Scitalce e qui deponga il brando.
(Così non mi paleso e lo difendo).
Non più; così comando, il re son io.
a Scitalce così! Colpa sì grande
ti sembra il mio rifiuto? Ah troppo insulti
la sofferenza mia. Qui potrei farti
Ma qual perfidia è questa! Ove mi trovo!
Nella reggia d'Assiria o fra i deserti
dell'inospita Libia? Udiste mai
il Moro infido o l'Arabo rapace?
han più fede tra loro anche le fiere. (Getta la spada)
che son pietosa e non crudel).
signor, s'io troppo ardisco; il tuo comando
Scitalce a un punto e la mia speme oltraggia.
Or Tamiri non curi ed or la brami.
Se amavi allor, come in te nacque
Se ti piacque così, perché la pace
Strano piacer! Dell'amor mio ti fai
rivale, Ircano, ed il perché non sai?
sventurato in amor. Un tal rivale
tutto farò. Ti bramerei felice.
va'; più caro mi sei di quel che credi.
è una prova d'amor. Questa mi toglie
l'immagine dal cor; questa risveglia
mille teneri affetti in sen mi desta.
la sua fé rammentando e non gl'inganni.
nelle felicità scordar gli affanni!
scoprendo il ver. Tu le dirai ch'io l'amo,
la ricusai, ch'era la tazza aspersa
di nascosto velen, che tua la cura
un delitto comun? Fra lor di colpa
chi meditò, chi favorì l'inganno.
voglio esser reo, non d'un rifiuto. Andiamo.
Senti. (Al riparo). Io parlerò, se vuoi;
pronte tu su l'Eufrate a' cenni tuoi
Ai reali giardini il fiume istesso
bagna le mura e si racchiude in quelli
di Tamiri il soggiorno; ove tu voglia
l'impresa assicurar, per tal sentiero
rapir la sposa e a te recarla io spero.
sarà immerso nel sonno; a quest'insidia
non vi è chi pensi; incustodito è il loco.
mi piaccia il tuo pensier; ma non vorrei...
Eh dubitar non dei; fidati. Io vado,
il sito ad esplorar; tu co' più fidi
A momenti verrò; vanne e m'attendi.
Ah non si perda un solo istante. Oh come
e Scitalce e Mirteo, Tamiri e Nino! (In atto di partire)
Che si fa? Che si pensa? Ancor non turba
né pur con la minaccia i sonni al reo?
Hai difensor più degno; ecco Mirteo. (Partendo addita ironicamente Mirteo che giunge)
è prigionier; come assalirlo?
Addio, Mirteo. (In atto di partire in fretta)
(Oh che importuno!) (Come sopra)
Non ho pace per te; de' miei sospiri
Mirteo, cangia favella o cangia affetto.
un querulo amator che mi tormenti
che mai pago non sia, che sempre innanzi
mesto mi venga e che, tacendo ancora,
mi rimproveri ognor ch'io sono ingrata.
Né giunge ancor? S'affretti (Verso la scena)
signor, quai torti io soffro...
gli ascolterò; parti per ora.
E ben, che fu? Ti spiega;
Il prigioniero, (A Semiramide)
Fa' che s'appressi. (Sibari parte per eseguire il comando)
Non posso. (Con impazienza)
t'imposi di partir; basti. Codesta
tua soverchia premura è poco accorta.
Ah per me la pietà nel mondo è morta! (Parte)
impaziente il cor! Più non poss'io
con l'idol mio dissimular l'affetto.
Or lo saprai. (A Scitalce)
Sibari, t'allontana. (A Sibari che parte)
Non parliam più d'oltraggi. Io di tua fede
m'intenerì; mi fe' veder distinto
che vero è l'amor tuo, che l'odio è finto.
Deh non fingiamo più. Dimmi che vive
nel petto di Scitalce il cor d'Idreno;
Semiramide tua, che per salvarti
ti resi prigionier, ch'io fui l'istessa
sempre per te, che ancor l'istessa io sono.
Pace, pace una volta; io ti perdono.
I tradimenti miei! Dirlo tu puoi?
tentato il mio morir, com'io veduto
non avessi il rival, come se alcuno
non m'avesse avvertito il mio periglio!
Rivolgi altrove, o menzognera, il ciglio.
La tua frode svanì; dell'innocenza
dell'innocenza mia facciano fede.
Io tradir l'idol mio! Tu fosti e sei
del mio tenero cor tutta la cura.
torni Scitalce a trapassarmi il seno.
Tu vorresti sedurmi; un'altra volta,
più le lagrime tue forza non hanno.
sé stessa abbandonar, lasciar per lui
se questo è inganno, e qual sarà l'amore?
se mostra de' suoi falli alcun rimorso!
io tutta umile, egli di sdegno acceso,
la colpevole io sembro ed ei l'offeso.
No no, la colpa è mia; purtroppo sento
rimorso al cor; ma sai di che? D'un colpo
che lieve fu né vendicommi allora.
Barbaro, non dolerti; hai tempo ancora.
Eccoti il ferro mio; da te non cerco
difendermi, o crudel; saziati; impiaga,
passami il cor; già la tua mano apprese
del ferirmi le vie. Mira, son queste
Riconoscile, ingrato, e poi mi svena.
Cedi il ferro o t'uccido.
Empio, vivrai, ma disarmato e vinto. (Gli leva la spada)
Lacci ad Ircano! Ah temerario! E sai
Sì, lo veggo; un vil tu sei
che il suo piacer, che insidia le regine,
sa meritar, sa contrastar gli amori.
tempo or non è. Grazia e pietade implora.
Grazia e pietà! Farò tremarvi ancora.
Tu il barbaro opprimesti; i suoi seguaci
io dispersi e fugai. Salva è Tamiri,
lode agli dei. (Rimette la spada)
Vieni al mio sen. Con l'opportuno avviso
mi salvasti il mio ben. La trama indegna
saria senza di te; godrebbe Ircano
della sua colpa il frutto; io piangerei
ei mi fu noto. Io del real tuo padre
era i custodi a regolare eletto,
crescevi in Battra a Zoroastro appresso.
il reo mi guida innanzi. Il suo castigo
è mio dover. (In atto di partire)
Dove t'affretti? Ascolta; (Trattenendolo)
Non soffre l'ira mia freno o ritegno.
molto giovar mi può. Scitalce estinto
un inciampo mi toglie al letto, al soglio.
di delitto in delitto, oh dio! mi guida.
necessario diventa ogni altro eccesso.
Nol voglio udir; da questa reggia Ircano
parta a momenti. Egli perdé nel vile
ogni ragione all'imeneo conteso.
Odi; Scitalce a me s'inoltri. (Alla guardia che parte) Io tremo
ripensando a Mirteo. Con quale orgoglio
or mi parlò! Non è suo stil. Che avvenne?
Che vuol? Mi ravvisò? Principe, ah siamo (A Scitalce che giunge)
in gran periglio entrambi; ho gran sospetto
che Mirteo ci conosca. Ai detti audaci,
all'insolito sdegno, alle minacce
misteriose e tronche, io giurerei
ch'ei ci scoprì. Per questi istanti a pena,
ch'io parlo teco, a differir la pugna
lasciami dunque in libertà.
che giovi a me, quando ei mi scopra? Ah pensa
se m'ascolti così? Finch'io ragiono,
molto ancor che spiegarti.
tutto in pace sarà. Vedrà Mirteo
giustificato in noi l'antico errore.
non gli sarà Scitalce. E, quando uniti
voi siate in amistà, l'armi d'Egitto,
le forze del tuo regno, i miei fedeli,
saran bastanti a conservarci il trono.
con l'idol mio, col mio Scitalce unita!
Non hai che dirmi! E la risposta è questa?
Vuoi dunque ch'io risponda? Odimi. Esposto
prima d'esserti sposo esser vorrei.
anima senza legge e senza fede?
Qual tigre t'allattò? Dove nascesti?
Taci; ingiurie novelle udir non voglio.
il brando al prigionier; libero sei;
il tuo cieco furor; vanne ma pensa
ch'oggi, ridotta alla sventura estrema,
vendicarmi saprò; pensaci e trema.
Dove son! Che ascoltai! Tanta fermezza
può mostrar chi tradisce? Oh dei! Se mai
Se mai fosse fedel? Se tanti oltraggi
soffrisse a torto... Eh che son folle. Ah dunque
a' suoi detti prestar che agli occhi miei?
e detesta una volta i tuoi deliri.
m'avveggo dell'error; teco un ingrato
so che finora io fui; ma più nol sono.
Concedimi, io l'imploro, il tuo perdono.
(Nino parlò per me). Tutto, o Scitalce,
tutto mi scorderei; ma in te sospetto
Finger tu puoi; nol crederò, se pria
Ecco la destra mia; vedi s'io fingo.
Così vieni a pugnar? Chi ti trattiene?
Più non sei prigionier; libero il campo
il re concede; a che tardar? Raccogli
che si pugni per me più non intendo.
Soddisfarlo convien. Prence, t'attendo.
si voli al re). (In atto di partire)
Mirteo, non lusingarti; io ben conosco
tutti i meriti tuoi; quanto io ti deggio
sempre confesserò; saprò serbarti,
per finch'io viva, un'amistà verace;
sol per lui di catene ho cinto il core.
Or va', servi un'ingrata; il tuo riposo
perdi per lei; consacra a' suoi voleri
tutte le cure tue, tutti i pensieri;
poi si premia la fé di chi l'adora;
diviene infida e ne fa pompa ancora.
A forza io passerò; vuo' del cimento
trovarmi a parte anch'io.
Qual mai ragion sopra una man pretendi
Sibari avea. Fu suo consiglio ancora
la tentata rapina. Egli è l'autore
del tuo re questo acciar... (In atto di ferirlo)
non voglio esaminar qual sia l'indegno.
Olà; si dia della battaglia il segno. (Mentre Semiramide va sul trono, Ircano si ritira da un lato in faccia a lei, Sibari resta alla sinistra del trono, suonano le trombe, s’aprono i cancelli, dal destro de’ quali viene Mirteo e dall’opposto Scitalce, ambedue senza spada, senza cimiero e senza manto)
(Al traditore in faccia il sangue io sento
agitar nelle vene). (Guardando Scitalce)
agitarsi nel petto in faccia a lei). (Guardando Semiramide)
(Spettacolo funesto agli occhi miei!) (Due capitani delle guardie presentano l’arme a Scitalce ed a Mirteo e si ritirano appresso i cancelli. Mentre Mirteo e Scitalce si muovono per combattere, esce frettolosa Tamiri)
Ah fermati, Mirteo. Sai ch'io non voglio
non i tuoi torti. È un traditor costui;
mentisce il nome; egli s'appella Idreno;
Saprò, qualunque io sia...
Sibari lo conobbe; egli l'afferma.
perfido amico? È ver, mi finsi Idreno;
rapii, trafissi e la gittai nell'onde.
In questo foglio vedi (Cava il foglio)
Sibari lo vergò; leggi, Mirteo. (Lo dà a Mirteo)
Semiramide tua porti tu stesso.
L'insidia è al Nilo appresso. Ella, che brama
di doverla rapir, ti finge amore;
fugge con te ma col disegno infame
a quello a cui la stringe il genio antico.
Vivi. Ha di te pietà Sibari amico».
Sibari, io non t'intendo. In questo foglio
sei di Scitalce amico; e pur poc'anzi
da me, lo sai, tu lo volevi oppresso.
di Scitalce esser può Sibari istesso?
Allor... (Mi perdo). Io non credea... Parlai...
Perfido, ti confondi! Ah Nino, è questi
un traditor; da' labbri suoi si tragga
(Se qui a parlar l'astringo,
al popolo ei mi scopre). In chiuso loco
costui si porti; e sarà mia la cura
Semiramide amai; lo tacqui. Intesi
l'amor suo con Scitalce; a lei concessi
agio a fuggir. Quanto quel foglio afferma
pure il rival; vidi gli armati.
sul Nilo v'attendea. Volli assalirti
ma fra l'ombre in un tratto io vi perdei.
altri lieto non sia. Popoli, a voi
scopro un inganno; aprite i lumi; ingombra
una femmina imbelle il vostro impero...
Taci. (È tempo d'ardir). Popoli, è vero; (S’alza in piedi sul trono)
Semiramide io son. Del figlio invece
regnai finor ma per giovarvi. Io tolsi
del regno il freno ad una destra imbelle,
non atta a moderarlo; io vi difesi
dal nemico furor; d'eccelse mura
i regni dell'Assiria. Assiria istessa
dica per me se mi provò finora
ardita in guerra e moderata in pace.
Se sdegnate ubbidirmi, ecco depongo
il serto mio. (Depone la corona sul trono) Non è lontano il figlio;
Ah Mirteo! (Scende dal trono ed abbraccia Mirteo)
della mia destra il dono. (Porge la mano a Scitalce)
ch'io turbi un sì bel nodo. In questa mano
ecco il premio, Mirteo, da te bramato. (Dà la mano a Mirteo)
Lasciatemi svenar Sibari e poi
al Caucaso natio torno contento.
principe, i casi miei vedi che sono; (Ad Ircano)
sia maggior d'ogni esempio anche il perdono.
sì gran parte del mondo è debitrice
di sua felicità, non è ristretto
fra gli angusti confini, o gran Fernando,
della terra e del mar. Là su l'Olimpo
lo risenton gli dei; ne è Giove a parte;
e dall'eccelsa sfera, ov'ei risplende,
Iride messaggiera a te ne scende.
Ed è ragion; Giove in Fernando onora
un'immagine sua. Padre ei de' numi,
tu il sei di tanti regni; astro funesto
il suo seren non turba; e il tuo sereno
a turbar le sventure atte non sono;
sempre grazie dal tuo; Giove è nel cielo
fra le schiere de' numi; e fra le schiere
di tante tue virtù più che reali
il lor Giove anche in terra hanno i mortali.