che fuman l'are, che al solenne rito
(Io non m'inganno, è dessa).
Lascia che a' piedi tuoi... (S’inginocchia)
S'allontani ciascun. (Che incontro!) Sorgi.
dell'impero de' Battri unica erede
qui scegliendo lo sposo oggi decide
che il volto suo, che il suo retaggio accese.
tutta l'Asia mirar; ma non sperai,
in sembianza viril, sul trono assiro
di ritrovar la sospirata e pianta
Nino ciascun mi crede e il palesarmi
vita, regno ed onor potria costarmi.
non rammentarmi; abbandonai con lui
la patria, il regno, il genitor, le nozze
e pur, nol crederai, l'istesso Idreno
che m'indusse a fuggir tentò svenarmi.
ei mi gettò ferita e semiviva.
fu la ferita e la selvosa sponda
la caduta scemò, mi tolse a morte.
Qual fu poi la tua sorte?
del talamo real mi volle a parte.
non successe nel regno il picciol Nino?
Il crede ognun; la somiglianza inganna
miglior tempo a scoprirle i miei martiri?
oggi l'Asia il riposo, io degli affetti
alla bellezza tua l'aspetto illustre
de' principi rivali. Al fianco mio (Una guardia va sul ponte e accenna che vengano)
e i merti di ciascun senti e decidi. (Semiramide va sul trono, Tamiri a sinistra nel sedile, Sibari in piedi a destra. E intanto preceduti dal suono di vari istrumenti passano il ponte Mirteo, Ircano, Scitalce col loro seguito, quali si fermano fuori del portico e poi entrano l’uno dopo l’altro, quando tocca loro a parlare)
Al tuo cenno, gran re, deposte l'armi,
che fra noi si contende, è quella?
l'arbitro degli Sciti amante e sposo.
tu d'Assiria i costumi ancor non sai.
In Assiria il parlar dunque è delitto?
L'Egitto è il regno mio; sospiri e pianti,
rispetto, fedeltà sono i miei vanti.
Siedi, principe, e spera; a lei che adori
Qual ti sembra Mirteo? (Piano a Tamiri)
Molle e noioso. (Piano a Semiramide)
Dunque a vostro piacer...
l'opposto di colui. Sospiri e pianti
non son pregi fra noi. Pregio allo Scita
al caldo, al giel delle stagioni intere,
e domar combattendo uomini e fere.
Qual ti sembra costui? (Piano a Tamiri)
Barbaro e strano. (Piano a Semiramide)
(O stelle! Io veggo Idreno.
Sibari, oh dio! Questo è Scitalce? (Piano a Sibari, vedendo Scitalce)
Numi! Che volto! Il re novello
Ircano dimmi è quel ch'io miro?
ancor tu vieni alla real Tamiri
il tributo ad offrir de' tuoi sospiri?
Non sperai... Mi credea... Ma veggo... (Oh dei!)
(Si confonde il crudel sugli occhi miei).
Siedi Scitalce, il turbamento io credo
figlio d'amor né a paragon d'ogn'altro
il successor della corona assira? (Ad Ircano)
giurar si dee di tollerar con pace
la scelta d'un rivale. Il nume e l'ara
Ogni tuo cenno è legge. (S’alza e va all’ara)
Io l'approvo. (Scitalce e Mirteo pongono la mano su l’ara, stando uno per parte)
Io l'assicuro. (S’alza ma non parte dal suo luogo)
quest'è l'ara de' Sciti e questo è il nume. (Ponendo la mano al petto e accennando la spada)
di Mirteo l'umiltà veggo ed ammiro.
entro la reggia all'oscurar del giorno.
sarem compagni e spiegherà Tamiri
ivi il suo cor. Voi tollerate intanto
mal soffro un re de' miei contenti avaro.
Desiato piacer giunge più caro.
O sognavo in quel punto o sogno adesso).
Sì pensoso, o Scitalce? Ami o non ami?
Da lungi avvampi e da vicino agghiacci.
O tutto mi palesa o nulla intendo.
la dimora a Scitalce. Ei pensa e tace.
che l'amor t'assicura oggi d'Ircano.
Non rispondi? Ne temi? Ecco la mano.
ha di frapporre ai miei cortesi affetti
Che! Tu conosci amore? Il tuo piacere
è domar combattendo uomini e fere.
non mi spiace però; godo in mirarti
più dell'usato intorno a te s'arresta.
Gran sorte inver del mio sembiante è questa.
La principessa udisti? Ella superba
va degli affetti miei. Misero amante!
Ti sento sospirar; ti veggo afflitto.
e per consiglio mio torna in Egitto.
Mi fai pietà. La tua fiducia insana,
il tuo rozzo parlar, con cui l'offendi,
ti rinfaccia Tamiri e non l'intendi.
Dunque in diversa guisa i loro affetti
qui trattano gli amanti! E quale è mai
questo vostro d'amor leggiadro stile?
qui si parla d'amor; qui con rispetto
si soffre volentier, benché severa...
Miserabil mercé! No; d'involarti
il pregio di gentil non ho desio.
Ciascun siegua il suo stile; io sieguo il mio. (Parte)
regnar così; ma non è ver; se un giorno
in servitù d'una crudele e bella,
sarai men franco e cangerai favella.
Semiramide in Nino? A me la scopre
placidi al moto, il favellar, la voce,
la fronte, il labro, e l'una e l'altra gota
facile ad arrossir, ma più d'ogn'altro
subito torna a palpitarmi in petto.
(Dei! La conobbe!) Ah no, se fosse tale
al germano Mirteo nota sarebbe.
Ah più d'ogn'altro, amico,
io crederlo dovrei. Tutto fu vero
quanto svelasti a me. Nel luogo andai
destinato da lei; venne l'infida;
l'insidie ritrovai. Cinto d'armati
(Torniamo a respirar; non sa ch'io fui).
l'empia trafissi e la balzai nell'onda.
pace non so trovar. Sempre ho sugli occhi
sempre il tuo foglio, il mio schernito foco,
la sponda, il fiume, il tradimento, il loco.
Il foglio mio! Forse lo serbi?
per gloria tua, per mia difesa.
alla mia sicurezza. E qui Mirteo
A tutti il celerò; ma corrisponda
alla mia la tua fé; non dir che Idreno
Addio. (Torbido è il mare, il tempo è nero;
bisogna in tanto rischio un gran nocchiero). (Parte)
ingannar mi potrebbe. Al re si vada;
si ritorni a veder... (In atto di partire)
(Oh dio! Che dubitarne? È dessa). (Vedendo Semiramide)
(Vorrà scoprirsi!) Altrove
portare il piè. Tutta agli accenti suoi
Va' pur. So quel che brami. (Tamiri parte)
(Ancor mi guarda e tace).
Impallidisci, avvampi e sei confuso?
veder mi parve e mi turbò la mente;
quella crudel mi figurai presente.
quell'infida direi che in te s'annida.
Se fu simile a me, non era infida.
Ah menzognera, ah ingrata... (Alterato)
quella crudel mi figurai presente.
allo sguardo colei come al pensiero,
forse chi sa? non ti vedrei sì fiero.
alfin ch'io non la curo). Ah se vorrai,
Parla; di me ti puoi fidar.
mercé del tuo favor, render Tamiri.
Non più. (Fingiam). Ti compatisco amante.
ogni tua brama a secondar m'appresto.
Torna appunto Tamiri. Il tempo è questo.
ch'è l'amor mio, ch'è il mio tormento estremo.
Allontanati e taci. (Io fingo e fremo). (Scitalce si ritira indietro)
con Scitalce per te. Di lui ti scorda;
il più perfido core, il più rubello.
Signor, parli di me? (Avanzandosi)
(Eppure impallidisce!) (Ritirandosi indietro)
d'Ircano e di Mirteo? Chiedasi...
non gli parlar, se la tua pace brami.
innocente in amore; ed egli ha l'arte
d'affascinar chi sue lusinghe ascolta.
del mio riposo; e compatir tu dei...
chiaro intendere alfin quai son gli affetti
un incendio per te. L'unico oggetto
il mio ben, l'idol mio, la mia speranza.
se siano i detti tuoi finti o veraci.
Eccedi e quando parli e quando taci.
Udisti il prence? Egli è diverso assai
non fidarti, o Tamiri; altro interesse
non ho che il tuo riposo.
del zelo tuo ma sì crudel nol credo.
sposo a Tamiri? E soffrirò che ad onta
gran disastri in amor. Se pigri siete,
Scitalce usurperà. Correte a lei,
pietà chiedete e se pietà bramate
qualche stilla di pianto ancor versate.
A placar quell'ingrata il pianto è vano.
risponderà quando tu voglia.
uniti ad assalir. Purché si vinca,
lode al par del valor merta l'ingegno.
Sol di un tuo pari il bel pensiero è degno. (Parte)
incommodi riguardi? Eh ch'io non venni
con essi a delirar. Tremi Scitalce;
o frodi io tenti o violenza aperta.
che già pronta è la mensa. (E beva in questa (Parte una guardia)
Scitalce la sua morte. È troppo il colpo
necessario per me; scoprir potrebbe
quanto Sibari un dì finse in Egitto).
vederlo estinto. Il tuo furor potrebbe
scomporre il mio disegno.
tutto scoprir). Poss'io di te fidarmi?
Scitalce è mio nemico. Ed io... Ma taci?
che Scitalce è lo sposo. A lui Tamiri
il primo nappo offrir. Per opra mia
questo sarà d'atro veleno infetto.
Mi piace. E se m'inganni?
Ecco il veleno. (Gli mostra un picciol vaso)
Se nol porgo al rival passami il seno.
Saggio pensiero! Io tel confesso amico,
attendono da te premio e mercede.
con più fasto il piacere.
Al nuovo sposo (Verso Scitalce)
io preparai la fortunata stanza,
chi più di me saria felice?
puoi dubitar? Saggia è Tamiri e vede
Dov'è il tuo foco e l'impeto natio?
Comincio amico ad erudirmi anch'io.
parla così. (A Semiramide e a Tamiri)
misto risuoni a liete danze il canto. (Dopo seduta nel mezzo Semiramide, siedono alla destra di lei Tamiri e poi Scitalce. Alla sinistra Mirteo, poi Ircano. Sibari in piedi appresso Ircano. Intanto sinfonia, coro e ballo)
In lucido cristallo aureo liquore,
(Ardir mio core). (Va a prender la tazza e si veda dagli spettatori che vi pone destramente il veleno)
Tamiri, e scegli. Il sospirato dono (Dà la tazza a Tamiri)
e goda quegli il grande acquisto in pace.
Il dubbio, o prenci, in cui finor m'involse
discioglie il genio e non offende alcuno,
Ecco lo sposo e il re; Scitalce beva. (Posa la tazza avanti Scitalce)
Via Scitalce, che tardi? Il re tu sei.
si punisca così). D'ogn'altro amore
mi scordo in questo punto... Ah non ho core. (Volendo bere e poi s’arresta)
il dono, o principessa, io non l'accetto. (Posa la tazza)
Non s'offende in tal guisa una regina.
difensor di Tamiri. E tu non devi (A Scitalce)
la tazza ricusar, prendila e bevi.
Principe, invan ti sdegni, ei col rifiuto
e al demerito suo giustizia rende.
No no, voglio ch'ei beva.
per degno premio al tuo cortese ardire
ricevi tu con più giustizia, Ircano. (Prende la tazza in atto di darla a Ircano)
te destino al mio trono, all'amor mio.
Sibari, che farò? (Piano a Sibari)
(Mi perdo anch'io). (Piano ad Ircano)
Perché taci così? Forse tu ancora
T'amo... Vorrei... Ma cara!... (Io son confuso).
un momento pensar, prendila e bevi.
Ho risoluto. (S’alza e prende la tazza)
Così riceve un tuo rifiuto Ircano.
a mendicar chi le mie nozze accetti?
in Assiria veniste? Il mio sembiante
che a farlo tollerar non basta un regno?
dovresti, o principessa...
più non mi parli. Io sono offesa e voglio
punito l'offensor. Scitalce mora.
il mio dono avvilì. Chi sua mi brama
venga tinto di sangue ed io l'accetto.
il dono offrir della tua testa io voglio.
Arrestatevi olà, l'impresa è mia.
Tacete, è vano il contrastar fra voi.
venga Ircano, Mirteo, venga uno stuolo,
solo io sarò né mi sgomento io solo. (In atto di partire)
il rifiuto soffrì. Prima d'ogn'altro
io son l'offeso e pria d'ogn'altro io voglio
l'oltraggio vendicar; qui prigioniero
resti Scitalce e qui deponga il brando.
(Così non mi paleso e lo difendo).
Non più, così comando, il re son io.
a Scitalce così? Colpa sì grande
ti sembra il mio rifiuto? Ah troppo insulti
la sofferenza mia; qui potrei farti
Ma qual perfidia è questa! Ove mi trovo!
Nella reggia d'Assiria o fra i deserti
dell'inospita Libia? Udiste mai
il Moro infido o l'Arabo rapace?
Han più fede tra loro anche le fiere. (Getta la spada)
che son pietosa e non crudel).
signor, s'io troppo ardisco. Il tuo comando
Scitalce a un punto e la mia speme oltraggia.
Or Tamiri non curi ed or la brami.
Se amavi allor, come in te nacque
Se ti piacque così, perché la pace
Strano piacer! Dell'amor mio ti fai
rivale, Ircano, ed il perché non sai.
sventurato in amore. Un tal rivale
tutto farò. Ti bramarei felice.
Va'; più caro mi sei di quel che credi.
è una prova d'amor. Questa mi toglie
l'imagine dal cor. Questa risveglia
mille teneri affetti in sen mi desta.
la sua fé ramentando e non gl'inganni.
nelle felicità scordar gli affanni.
scoprendo il ver. Tu le dirai ch'io l'amo,
la ricusai, ch'era la tazza aspersa
di nascosto velen, che tua la cura
un delitto comun? Fra lor di colpa
chi meditò, chi favorì l'inganno.
voglio esser reo, non d'un rifiuto. Andiamo.
Senti. (Al riparo). Io parlerò se vuoi;
pronte tu su l'Eufrate a' cenni tuoi
Ai reali giardini il fiume istesso
bagna le mura e si racchiude in quelli
di Tamiri il soggiorno; ove tu voglia
l'impresa assicurar, per tal sentiero
rapir la sposa e a te recarla io spero.
sarà immerso nel sonno, a quest'insidia
non vi è chi pensi e incustodito è il loco.
mi piaccia il tuo pensier ma non vorrei...
Eh dubitar non dei; fidati, io vado,
il sito ad esplorar; tu coi più fidi
A momenti verrò, vanne e m'attendi.
Ah non si perda un solo istante. Oh come
e Scitalce e Mirteo, Tamiri e Nino.
Che si fa? Che si pensa? Ancor non turba
né pur con la minaccia i sonni al reo?
Hai difensor più degno. Ecco Mirteo. (Additando ironicamente Mirteo, che viene, e parte)
è prigionier. Come assalirlo?
Addio Mirteo. (In atto di partire in fretta)
(Oh che importuno!) (Come sopra)
non ho pace per te; de' miei sospiri
Mirteo cangia favella o cangia affetto.
un querulo amator che mi tormenti
che mai pago non sia, che sempre innanzi
mesto mi venga e che tacendo ancora
mi rimproveri ognor ch'io sono ingrata. (Parte)
Né giunge ancor? S'affretti (Verso la scena)
signor, quai torti io soffro...
gli ascolterò. Parti per ora.
Il prigioniero, (A Semiramide)
Fa' che s'appressi. (Parte Sibari)
Non posso. (Con impazienza)
t'imposi di partir; basti. Codesta
tua soverchia premura è poco accorta.
Ah per me la pietà nel mondo è morta. (Parte)
impaziente il cor! Più non poss'io
coll'idol mio dissimular l'affetto.
Or lo saprai. (A Scitalce)
Sibari t'allontana. (A Sibari)
Non parliam più d'oltraggi. Io di tua fede
m'intenerì; mi fe' veder distinto
che vero è l'amor tuo, che l'odio è finto.
Deh non fingiamo più; dimmi che vive
nel petto di Scitalce il cor d'Idreno.
Semiramide tua, che per salvarti
ti resi prigionier, ch'io fui l'istessa
sempre per te, che ancor l'istessa io sono.
Pace, pace una volta, io ti perdono.
I tradimenti miei? Dirlo tu puoi?
tentato il mio morir, com'io veduto
non avessi il rival, come se alcuno
non m'avesse avvertito il mio periglio.
Rivolgi altrove o menzogniera il ciglio.
la tua frode svanì; dell'innocenza
dell'innocenza mia facciano fede.
Io tradir l'idol mio? Tu fosti e sei
del mio tenero cor tutta la cura.
torni Scitalce a trapassarmi il seno.
Tu vorresti sedurmi; un'altra volta,
più le lagrime tue forza non hanno.
sé stessa abbandonar, lasciar per lui
Se questo è inganno, e qual sarà l'amore?
se mostra de' suoi falli alcun rimorso?
io tutta umile, egli di sdegno acceso;
la colpevole io sembro ed ei l'offeso.
No no, la colpa è mia, purtroppo sento
rimorso al cor; ma sai di che? D'un colpo
che lieve fu né vendicommi allora.
Barbaro non dolerti, hai tempo ancora.
Eccoti il ferro mio, da te non cerco
difendermi, o crudel; saziati, impiaga,
passami il cor; già la tua mano apprese
del ferirmi le vie. Mira, son queste
Riconoscile, ingrato, e poi mi svena.
Cedi il ferro o t'uccido.
Empio vivrai, ma disarmato e vinto. (Lo disarma)
Lacci ad Ircano? Ah temerario! E sai
Sì, lo veggo. Un vil tu sei
che il suo piacer, che insidia le regine,
sa meritar, sa contrastar gli amori.
tempo or non è. Grazia e pietade implora.
Grazia e pietà? Farò tremarti ancora.
Tu il barbaro opprimesti; i suoi seguaci
io dispersi e fugai. Salva è Tamiri;
lode agli dei. (Rimette la spada)
Vieni al mio sen. Con l'opportuno avviso
mi salvasti il mio ben. La trama indegna
saria senza di te. Godrebbe Ircano
della sua colpa il frutto; io piangerei
ei mi fu noto. Io del real tuo padre
era i custodi a regolare eletto,
crescevi in Battra a Zoroastro appresso.
il reo mi guida innanzi. Il suo castigo
è mio dover. (In atto di partire)
Dove t'affretti; ascolta. (Trattenendolo)
Non soffre l'ira mia freno o ritegno. (Parte)
molto giovar mi può. Scitalce estinto
un inciampo mi toglie al letto, al soglio.
di delitto in delitto, oh dio! mi guida.
necessario diventa ogn'altro eccesso.
Nol voglio udir. Da questa reggia Ircano
parta a momenti. Egli perdé nel vile
ogni ragione all'imeneo conteso.
Odi. Scitalce a me s'inoltri. Io tremo (Alla guardia che partiva)
ripensando a Mirteo. Con quale orgoglio
or mi parlò! Non è suo stil. Che avvenne?
Che vuol? Mi ravvisò? Principe, ah siamo (A Scitalce)
in gran periglio entrambi. Ho gran sospetto
che Mirteo ci conosca. Ai detti audaci,
all'insolito sdegno, alle minacce
misteriose e tronche, io giurerei
ch'ei ci scoprì. Per questi istanti appena
ch'io parli teco a differir la pugna
lasciami dunque in libertà.
che giovi a me, quand'ei mi scopra? Ah pensa
se m'ascolti così? Finch'io ragiono
tutto in pace sarà. Vedrà Mirteo
giustificato in noi l'antico errore,
non gli sarà Scitalce. E quando uniti
voi siate in amistà, l'armi d'Egitto,
le forze del tuo regno, i miei fedeli,
saran bastanti a conservarci il trono.
Con l'idol mio, col mio Scitalce unita!
Non hai che dirmi? E la risposta è questa?
Vuoi dunque ch'io risponda? Odimi. Esposto
prima d'esserti sposo, esser vorrei.
anima senza legge e senza fede?
qual tigre t'allattò? Dove nascesti?
Taci, ingiurie novelle udir non voglio.
il brando al prigionier; libero sei,
il tuo cieco furor, vanne ma pensa
ch'oggi ridotta alla sventura estrema
vendicarmi saprò; pensaci e trema.
Dove son! Che ascoltai! Tanta fermezza
può mostrar chi tradisce? Oh dei! Se mai
Se mai fosse fedel? Se tanti oltraggi
soffrisse a torto... Eh che son folle. Ah dunque
a' suoi detti prestar che agli occhi miei?
e detesta una volta i tuoi deliri.
m'avveggo dell'error. Teco un ingrato
so che finora io fui. Ma più nol sono.
Concedimi, io l'imploro, il tuo perdono.
(Nino parlò per me). Tutto, o Scitalce,
tutto mi scorderei; ma in te sospetto
Finger tu puoi. Nol crederò se pria
Ecco la destra mia. Vedi s'io fingo.
Così vieni a pugnar? Chi ti trattiene?
Più non sei prigionier. Libero il campo
il re concede. A che tardar? Raccogli
che si pugni per me più non intendo.
Sodisfarlo convien. Prence t'attendo.
Mirteo non lusingarti. Io ben conosco
tutti i meriti tuoi; quanto io ti deggio
sempre confesserò. Saprò serbarti
per finch'io viva un'amistà verace;
sol per lui di catena ho cinto il core.
Or va', servi un'ingrata. Il tuo riposo
perdi per lei, consacra ai suoi voleri
tutte le cure tue, tutti i pensieri.
poi si premia la fé di chi l'adora.
Diviene infida e ne fa pompa ancora.
A forza io passerò; vo' del cimento
trovarmi a parte anch'io.
Qual mai ragion sopra una man pretendi
Sibari avea. Fu suo consiglio ancora
la tentata rapina. Egli è l'autore
del tuo re quest'acciar... (In atto di ferire)
non voglio esaminar qual sia l'indegno.
Olà; si dia della battaglia il segno. (Mentre Semiramide va sul trono, Ircano si ritira da un lato in faccia a lei. Sibari resta alla sinistra del trono. Suonano le trombe, s’aprono i cancelli, dal destro de’ quali viene Mirteo e dall’opposto Scitalce, ambedue senza spada, senza cimiero e senza manto)
(Al traditore in faccia il sangue io sento
agitar nelle vene). (Guardando Scitalce)
agitarsi nel petto in faccia a lei). (Guardando Semiramide)
(Spettacolo funesto agli occhi miei!) (Due capitani delle guardie presentano l’armi a Scitalce e a Mirteo e si ritirano appresso i cancelli, mentre Mirteo e Scitalce s’avanzano per assalirsi)
Ah fermati Mirteo. Sai ch'io non voglio
non i tuoi torti; è un traditor costui,
mentisce il nome, egli s'appella Idreno,
Saprò qualunque io sia...
Sibari lo conobbe, egli l'afferma.
perfido amico? È ver. Mi finsi Idreno. (A Mirteo)
rapii, trafissi, e la gittai nell'onde.
Sibari lo vergò, leggi Mirteo.
Semiramide tua porti tu stesso;
l'insidia è al Nilo appresso. Ella che brama
di doverla rapir, ti finge amore,
fugge con te, ma col disegno infame
a quello a cui la stringe il genio antico.
Vivi; ha di te pietà Sibari amico».
Sibari, io non t'intendo. In questo foglio
sei di Scitalce amico eppur poc'anzi
da me, lo sai, tu lo volevi oppresso.
di Scitalce esser può Sibari istesso.
Allor... (Mi perdo). Io non credea... Parlai...
Perfido ti confondi. Ah, Nino, è questi
un traditor, dal labbro suo si tragga
(Se qui a parlar l'astringo
al popolo ei mi scopre). In chiuso loco
costui si porti e sarà mia la cura
Semiramide amai. Lo tacqui; intesi
l'amor suo con Scitalce. A lei concessi
agio a fuggir; quanto quel foglio afferma
pure il rival; vidi gli armati.
sul Nilo v'attendea. Volli assalirti
ma fra l'ombre in un tratto io vi perdei.
altro lieto non sia. Popoli a voi
scopro un inganno. Aprite i lumi; ingombra
una femmina imbelle il vostro impero.
Taci. (È tempo d'ardir). Popoli è vero. (S’alza in piedi sul trono)
Semiramide io son; del figlio invece
regnai finor ma per giovarvi. Io tolsi
del regno il freno ad una destra imbelle,
non atta a moderarlo; io vi difesi
dal nemico furor; d'eccelse mura
i regni dell'Assiria. Assiria istessa
dica per me se mi provò finora,
ardita in guerra e moderata in pace.
Se sdegnate ubbidirmi, ecco depongo
il serto mio, non è lontano il figlio; (Depone la corona sul trono)
Ah Mirteo. (Scende dal trono ed abbraccia Mirteo)
della mia destra il dono. (Porge la mano a Scitalce)
ch'io turbi un sì bel nodo; in questa mano (Dà la mano a Mirteo)
ecco il premio, Mirteo, da te bramato.
Lasciatemi svenar Sibari e poi
al Caucaso natio torno contento.
principe, i casi miei vedi che sono; (Ad Ircano)
sia maggior d'ogni esempio anche il perdono.
Lo so; tacete ore seguaci; al corso
voi m'affrettate invan; dal cielo ibero
non sperate ch'io parta in sì gran giorno.
già l'inquieto abitator sospira;
l'ostinata sua notte, il pertinace
scintillar delle stelle e la dimora
della sorda a' suoi voti infida aurora.
ch'oggi nasce un Fernando. Antica in cielo
perché nascan gli Alcidi, il sol s'arresta.