Metrica: interrogazione
652 endecasillabi (recitativo) in Semiramide R2 
che fuman l'are, che al solenne rito
che il re l'attende. (Ricevuto l’ordine, parte una guardia. Nel mentre che parla Semiramide, esce Sibari guardandola con meraviglia)
                                    (Io non m'inganno, è dessa).
Lascia che a' piedi tuoi... (S’inginocchia)
                                                Sibari! (Oh dei!)
S'allontani ciascun. (Che incontro!) Sorgi. (Le guardie si ritirano in lontano)
quale affar ti conduce?
                                           È noto altrove
dell'impero de' Battri unica erede
qui scegliendo lo sposo oggi decide
che il volto suo, che il suo retaggio accese.
tutta l'Asia mirar; ma non sperai
in sembianza viril sul trono assiro
di ritrovar la sospirata e pianta
                           Ah taci; in questo luogo
Nino ciascun mi crede e il palesarmi
vita, regno ed onor potria costarmi.
Che fa? Dov'è?
                              Di quell'ingrato il nome
non rammentarmi; abbandonai con lui
la patria, il regno, il genitor, le nozze
e pur, nol crederai, l'istesso Idreno,
che m'indusse a fuggir, tentò svenarmi.
ei mi gettò ferita e semiviva.
La cagione io non so.
                                        (La so ben io).
Come restasti in vita?
                                          Unica e lieve
fu la ferita e la selvosa sponda
la caduta scemò, mi tolse a morte.
Qual fu poi la tua sorte?
                                             In mille guise
del talamo real mi volle a parte.
non successe nel regno il picciol Nino?
Il crede ognun; la somiglianza inganna
del mio volto col suo.
                                        Ma come il soffre?
fu mia cura educarlo.
                                         (E quando spero
miglior tempo a scoprirle i miei martiri?
Ardir). Sappi...
                              T'accheta, ecco Tamiri. (Vedendo venir Tamiri)
oggi l'Asia il riposo, io degli affetti
                    Ma Babilonia deve
alla bellezza tua l'aspetto illustre
de' principi rivali. Al fianco mio, (Una guardia va sul ponte e accenna che vengano i principi)
e i merti di ciascun senti e decidi. (Semiramide va sul trono. Tamiri a sinistra nel sedile. Sibari è in piedi a destra. E intanto preceduti dal suono di stromenti barbari, passano ilponte Mirteo, Ircano e Scitalce col loro seguito, i quali si fermano fuori del portico e poi entrano l’un dopo l’altro, quando tocca loro a parlare)
Al tuo cenno, gran re, deposte l'armi,
che fra noi si contende, è quella?
                                                             È quella. (Ad Ircano)
l'arbitro degli Sciti amante e sposo.
tu d'Assiria i costumi ancor non sai.
In Assiria il parlar dunque è delitto? (Si ritira indietro)
L'Egitto è il regno mio; sospiri e pianti,
rispetto e fedeltà sono i miei vanti.
Siedi, principe, e spera; a lei che adori
Qual ti sembra Mirteo? (Piano a Tamiri)
                                              Molle e noioso. (Piano a Semiramide)
Dunque a vostro piacer...
                                               Parla, se vuoi.
l'opposto di colui. Sospiri e pianti
non son pregi fra noi; pregio allo Scita
al caldo, al gel delle stagioni intere
e domar combattendo uomini e fere.
Qual ti sembra costui? (Piano a Tamiri)
                                            Barbaro e strano. (Piano a Semiramide)
Venga Scitalce.
                              (Oh stelle! Io veggo Idreno!
Sibari, oh dio, questo è Scitalce? (Piano a Sibari vedendo Scitalce)
                                                             È questo.
Sarà. (Dopo averlo considerato)
             (Numi, che volto!) Il re novello,
Ircano, dimmi, è quel ch'io miro?
                                                               È quello.
(Semiramide è questa).
                                              (È questi Idreno).
ancor tu vieni alla real Tamiri
il tributo ad offrir de' tuoi sospiri?
Non sperai... Mi credea... Ma veggo... (Oh dei!)
(Si confonde il crudel sugli occhi miei).
Siedi, Scitalce. Il turbamento io credo
figlio d'amor; né a paragon d'ogn'altro
Ubbidisco. (Si ritira lentamente verso il sedile)
                       (Infedel!)
                                            (Sogno o son desto?)
il successor della corona assira? (Ad Ircano)
Non tel dissi?
                           Sarà. (Siede)
                                       Questi delira.
qual mi sembri costui?
                                            Perché ravviso (Piano a Tamiri)
segni d'infedeltà.
                                  Ma pur mi piace. (Piano a Semiramide)
                          Che più s'attende? È tempo
giurar si dee di tollerar con pace
la scelta d'un rivale. Al nume, all'ara
principi andate.
                                Ogni tuo cenno è legge. (S’alza e va all’ara)
Io l'approvo. (Scitalce e Mirteo pongono la mano su l’ara stando un per parte)
                          Io l'affermo.
                                                   Io l'assicuro. (S’alza ma non parte dal suo luogo)
non t'avvicini?
                             No; giurai né voglio
Questa è l'ara de' Sciti e questo è il nume. (Ponendo la mano al petto e accennando la spada)
di Mirteo l'umiltà veggo ed ammiro;
Abbastanza pensai.
                                     Dunque favelli.
entro la reggia all'oscurar del giorno;
sarem compagni e spiegherà Tamiri
ivi il suo cor. Voi tollerate intanto
il breve indugio.
                                Io non mi oppongo.
                                                                      Ed io
mal soffro un re de' miei contenti avaro.
Desiato piacer giunge più caro.
O sognavo in quel punto o sogno adesso.
Sì pensoso, o Scitalce? Ami o non ami?
Da lunge avvampi e da vicino agghiacci?
Se tu sapessi... Oh dio!
                                           Parla.
                                                        Se parlo,
O tutto mi palesa o nulla intendo.
la dimora a Scitalce; ei pensa e tace.
che l'amor t'assicura oggi d'Ircano.
Non rispondi? Ne temi? Ecco la mano.
il comando reale?
                                  E il re qual dritto
ha di frapporre ai miei cortesi affetti
Che? Tu conosci amore? Il tuo piacere
è domar combattendo uomini e fere.
non mi spiace però; godo in mirarti;
più dell'usato intorno a te s'arresta.
Gran sorte inver del mio sembiante è questa!
La principessa udisti? Ella superba
va degli affetti miei. Misero amante!
Ti sento sospirar, ti veggo afflitto.
e per consiglio mio torna in Egitto.
Mi fai pietà. La tua fiducia insana,
il tuo rozzo parlar, con cui l'offendi,
ti rinfaccia Tamiri; e non l'intendi.
Dunque in diversa guisa i loro affetti
qui trattano gli amanti? E quale è mai
questo vostro d'amor leggiadro stile?
qui si parla d'amor; qui con rispetto
si soffre volentier, benché severa.
E poi si ottien mercede?
                                              E poi si spera.
Miserabil mercé! No; d'involarti
il pregio di gentil non ho desio.
Ciascun siegua il suo stile; io sieguo il mio. (Parte)
regnar così! Ma non è ver; se un giorno
in servitù d'una crudele e bella,
sarai men franco e cangerai favella.
Semiramide in Nino? A me la scopre
placidi al moto, il favellar, la voce,
la fronte, il labbro e l'una e l'altra gota
facile ad arrossir, ma più d'ogn'altro
subito torna a palpitarmi in petto.
(Dei! La conobbe). Ah no. Se fosse tale,
al germano Mirteo nota sarebbe.
nella reggia de' Battri.
                                          In Asia ognuno
la crede estinta.
                               Ah più d'ogn'altro, amico,
io crederlo dovrei. Tutto fu vero
quanto svelasti a me. Nel luogo andai
destinato da lei; venne l'infida;
l'insidie ritrovai. Cinto d'armati
v'era il rivale...
                             E il conoscesti? (Con timore)
                                                           Almeno
(Torniamo a respirar; non sa ch'io fui).
l'empia trafissi e la balzai nell'onda.
pace non so trovar. Sempre ho sugli occhi,
sempre il tuo foglio, il mio schernito foco,
la sponda, il fiume, il tradimento, il loco.
Il foglio mio! Forse lo serbi?
                                                     Il serbo
per gloria tua, per mia difesa.
                                                        Ah pensa
alla mia sicurezza. È qui Mirteo;
vendicarsi con me.
                                    Va' pur sicuro,
a tutti il celerò. Ma corrisponda
alla mia la tua fé; non dir che Idreno
in Egitto mi finsi.
                                   Io tel prometto.
Addio. (Torbido è il mare, il tempo è nero;
bisogna in tanto rischio un gran nocchiero). (Parte)
ingannar mi potrebbe. Al re si vada;
si ritorni a veder... (In atto di partire)
                                     Dove Scitalce?
Al monarca d'Assiria.
                                         Egli s'appressa;
                  (Oh dio! Che dubitarne? È dessa). (Vedendo Semiramide)
                       (Vorrà scoprirsi). Altrove
portare il piè. Tutta agli accenti suoi
lascia la libertà.
                               Parto. S'ei m'ami
scorgi... Chiedi...
                                 Va' pur. So quel che brami. (Tamiri parte)
(Siam soli; or parlerà).
                                            (Partì Tamiri;
(Tace e mi guarda).
                                      (Ancor mi guarda e tace?)
Impallidisci, avvampi e sei confuso?
veder mi parve e mi turbò la mente.
Quella crudel mi figurai presente.
era dunque colei?
                                   Simile tanto
quell'infida direi che in te si annida.
Se fu simile a me, non era infida.
Ah menzognera, ah ingrata... (Alterato)
                                                       Olà! Scitalce
quella crudel mi figurai presente.
allo sguardo colei come al pensiero,
forse chi sa? non ti vedrei sì fiero.
alfin ch'io non la curo). Ah se tu vuoi,
felice tornerà.
                            (Si scopre adesso).
Troppo ardito sarei.
                                      La tema è vana.
Parla; di me ti puoi fidar.
                                                Vorrei
mercé del tuo favor render Tamiri.
(Oh ingrato! Oh disleale!)
                                                 Ella è il mio foco;
Non più. (Fingiam). Ti compatisco amante.
ogni tua brama a secondar m'appresto.
Torna appunto Tamiri. Il tempo è questo.
(Oh importuno ritorno!)
                                               Or dir le puoi
ch'è l'amor mio, ch'è il mio tormento estremo.
Allontanati e taci. (Io fingo e fremo). (Scitalce si ritira indietro)
venture all'amor mio?
                                          Poco felici.
con Scitalce per te. Di lui ti scorda;
non è degno d'amor.
                                       Perché?
                                                        Ti basti
il più perfido core, il più rubello.
Signor, parli di me? (Avanzandosi)
                                        Di te favello.
(E pure impallidisce). (Ritirandosi indietro)
                                           E s'ei non m'ama,
d'Ircano e di Mirteo? Chiedasi...
                                                            Ah ferma. (Arrestandola)
Non gli parlar, se la tua pace brami.
innocente in amore; ed egli ha l'arte
d'affascinar chi sue lusinghe ascolta.
non turbarci così.
                                  Ma qui si tratta
del mio riposo e compatir tu dei...
chiaro intendere alfin quai son gli affetti
che nascondi nel seno.
                                          In seno ascondo
un incendio per te. L'unico oggetto
il mio ben, l'idol mio, la mia speranza.
se siano i detti tuoi finti o veraci;
eccedi e quando parli e quando taci.
Udisti il prence? Egli è diverso assai
da quel che lo figuri.
                                       Ah tu non sai
Pur non sembra così.
                                        Di quel crudele
non fidarti, o Tamiri; altro interesse
non ho che il tuo riposo.
                                             Io ben m'avvedo
del zelo tuo ma sì crudel nol credo.
sposo a Tamiri? E soffrirò che ad onta
gran disastri in amor. Se pigri siete,
Scitalce usurperà. Correte a lei,
pietà chiedete; e se pietà bramate,
qualche stilla di pianto ancor versate.
A placar quell'ingrata il pianto è vano.
Che pensi, Ircano?
                                    Hai tu coraggio?
                                                                    Il brando
risponderà, quando tu voglia.
                                                       Andiamo
uniti ad assalir. Pur che si vinca,
lode al par del valor merta l'ingegno.
Sol d'un tuo pari il bel pensiero è degno. (Parte)
incomodi riguardi! Eh ch'io non venni
con essi a delirar. Tremi Scitalce;
o frodi io tenti o violenza aperta.
che già pronta è la mensa. (E beva in questa (Parte una guardia)
Scitalce la sua morte. È troppo il colpo
necessario per me; scoprir potrebbe
quanto Sibari un dì finse in Egitto).
t'arma la destra?
                                 Io vo' Scitalce estinto.
Additami dov'è.
                                Ma che pretendi?
trafiggere il rival.
                                  Tacci, se brami
vederlo estinto. Il tuo furor potrebbe
scomporre un mio disegno.
                                                   Io non t'intendo.
mi spiegherai l'arcan. (In atto di partire)
                                           Senti. (Ah conviene
tutto scoprir). Poss'io di te fidarmi?
Scitalce è mio nemico. Ed io... ma taci,
preparai la sua morte.
                                          E come?
                                                            È certo
che Scitalce è lo sposo. A lui Tamiri
il primo nappo offrir. Per opra mia
questo sarà d'atro veleno infetto.
Mi piace. E se m'inganni?
                                                 Ecco il veleno. (Gli mostra un picciol vaso)
Se nol porgo al rival, passami il seno.
Saggio pensiero. Io, tel confesso, amico,
te ne invidio l'onore.
                                        Il re s'appressa.
attendono da te premio e mercede.
(Io tremo e fingo).
                                    Ogni misura eccede
                            E nella reggia assira
con più fasto il piacere.
                                            Al nuovo sposo (A Scitalce)
io preparai la fortunata stanza,
pegno dell'amor mio.
                                         (Finge costanza).
chi più di me saria felice?
                                                 (Ingrato!)
puoi dubitar? Saggia è Tamiri e vede
che il più degno tu sei.
                                           Che ascolto! Ircano,
Dov'è il tuo foco e l'impeto natio?
Comincio, amico, ad erudirmi anch'io.
Così mi piaci.
                            E molto.
                                              Io non intendo (A Tamiri e a Semiramide)
                     (M'intenderai fra poco).
misto risuoni a liete danze il canto. (Dopo seduta nel mezzo Semiramide siedono alla destra di lei Tamiri e poi Scitalce, alla sinistra Mirteo, poi Ircano. Sibari è in piedi appresso Ircano)
In lucido cristallo aureo liquore,
Sibari, a me si rechi.
                                        (Ardir mio core). (Va a prender la tazza e vi pone destramente il veleno)
(Il colpo è già vicino).
                                         (Oh dio! S'appressa
                         (Che sarà?)
                                                 (Che punto è questo!)
Tamiri, e scegli. Il sospirato dono (Dà la tazza a Tamiri)
e goda quegli il grande acquisto in pace.
Principi, il dubbio, in cui finor m'involse
discioglie il genio e non offende alcuno,
Ecco lo sposo e il re; Scitalce beva. (Posa la tazza avanti a Scitalce)
(Ah qual impegno!)
                                      (Or s'avvicina a morte).
Via, Scitalce, che tardi? Il re tu sei.
lo comanda a Scitalce?
                                           Io non comando;
fa' il tuo dover.
                              Sì, lo farò. (L'ingrata
si punisca così). D'ogni altro amore
mi scordo in questo punto... Ah non ho core. (Volendo bere e poi si arresta)
il dono, o principessa; io non l'accetto. (Posa la tazza)
               (Oh sventura!)
                                             E lei ricusi allora
Non s'offende in tal guisa una regina.
difensor di Tamiri. E tu non devi (A Scitalce)
la tazza ricusar; prendila e bevi.
Principe, invan ti sdegni; ei col rifiuto (Ad Ircano)
e al demerito suo giustizia rende.
No no, voglio ch'ei beva.
                                              Eh taci. Intanto
per degno premio al tuo cortese ardire
ricevi tu con più giustizia, Ircano. (In atto di dare la tazza ad Ircano)
te destino al mio trono, all'amor mio.
Sibari, che farò? (Piano a Sibari)
                                 Mi perdo anch'io. (Piano ad Ircano)
Perché taci così? Forse tu ancora
vuoi ricusarmi?
                               No, non ti ricuso.
T'amo... Vorrei... Ma temo... (Io son confuso).
un momento pensar; prendila e bevi.
                    Ma risolvi.
                                          Ho risoluto. (S’alza e prende la tazza)
Così riceve un tuo rifiuto Ircano.
a mendicar chi le mie nozze accetti?
in Assiria veniste? Il mio sembiante
che a farlo tollerar non basta un regno?
È giusta l'ira tua.
                                 Dell'amor mio
dovresti, o principessa...
                                              Alcun d'amore (S’alza e seco tutti)
più non mi parli. Io sono offesa e voglio
punito l'offensor. Scitalce mora.
il mio dono avvilì. Chi sua mi brama
venga tinto di sangue ed io l'accetto.
per essermi fedel).
                                     Scitalce, andiamo;
il dono offrir della tua testa io voglio.
arrossir ti farò. (In atto di partire con Ircano)
                               (Stelle, che fia!)
Arrestatevi olà, l'impresa è mia.
chiamai Scitalce.
                                 Io difensor più giusto
                            Ella di te non cura
né mai ti scelse.
                               Ella ti sdegna offesa
dal tuo rifiuto.
                             E tu pretendi...
                                                           E vuoi...
Tacete, è vano il contrastar fra voi.
venga Ircano, Mirteo, venga uno stuolo;
solo io sarò né mi sgomento io solo. (In atto di partire)
Fermati. (Oh dio!)
                                    Che chiedi?
                                                            In questa reggia
il rifiuto soffrì. Prima d'ogn'altro
io son l'offeso e pria d'ogni altro io voglio
l'oltraggio vendicar; qui prigioniero
resti Scitalce e qui deponga il brando.
la custodia del reo.
                                    Come!
                                                   Che intendo!
(Così non mi paleso e lo difendo).
Non più; così comando, il re son io.
a Scitalce così? Colpa sì grande
ti sembra il mio rifiuto? Ah troppo insulti
la sofferenza mia; qui potrei farti
forse arrossire...
                                Olà, t'accheta e parti.
Ma qual perfidia è questa? Ove mi trovo?
Nella reggia d'Assiria o fra i deserti
dell'inospita Libia? Udiste mai
il Moro infido o l'Arabo rapace?
han più fede tra loro anche le fiere. (Getta la spada)
che son pietosa e non crudel).
                                                       Perdona,
signor, s'io troppo ardisco. Il tuo comando
Scitalce a un punto e la mia speme oltraggia.
il trionfar di lui?
                                 Chi mai t'intende?
Or Tamiri non curi ed or la brami.
               Se amavi allor, come in te nacque
d'un rifiuto il desio?
                                       Così mi piacque.
Se ti piacque così, perché la pace
or mi vieni a turbar?
                                        Così mi piace.
Strano piacer! Dell'amor mio ti fai
rivale, Ircano, ed il perché non sai?
che vorreste da me?
                                       Da te vorrei
ragion dell'opre tue.
                                       Saper desio
                   Non tacer.
                                        Parla.
                                                     Rispondi.
sventurato in amore. Un tal rivale
a me si preferisce.
                                    A tuo favore
tutto farò. Ti bramerei felice.
                         Ti maravigli, o prence,
va'; più caro mi sei di quel che credi.
è una prova d'amor. Questa mi toglie
l'immagine dal cor; questa risveglia
mille teneri affetti in sen mi desta.
la sua fé rammentando e non gl'inganni.
nelle felicità scordar gli affanni!
discolpi il mio rifiuto.
                                          E come?
                                                            A lei
scoprendo il ver. Tu le dirai ch'io l'amo,
la ricusai, ch'era la tazza aspersa
di nascosto velen, che tua la cura
fu d'apprestarlo...
                                  E pubblicar vogliamo
un delitto comun? Fra lor di colpa
chi meditò, chi favorì l'inganno.
voglio esser reo, non d'un rifiuto. Andiamo.
Senti. (Al riparo). Io parlerò, se vuoi;
un'idea più felice.
                                   E qual?
                                                    Non hai
pronte tu su l'Eufrate a' cenni tuoi
navi, seguaci ed armi?
                                           E ben, che giova?
Ai reali giardini il fiume istesso
bagna le mura e si racchiude in quelli
di Tamiri il soggiorno. Ove tu voglia
l'impresa assicurar, per tal sentiero
rapir la sposa e a te recarla io spero.
Dubbio è l'evento.
                                   Anzi sicuro. Ognuno
sarà immerso nel sonno; a quest'insidia
non vi è chi pensi; incustodito è il loco.
mi piaccia il tuo pensier; ma non vorrei...
Eh dubitar non dei; fidati, io vado,
il sito ad esplorar; tu co' più fidi
A momenti verrò; vanne e m'attendi.
Ah non si perda un solo istante. Oh come
e Scitalce e Mirteo, Tamiri e Nino! (In atto di partire)
Che si fa? Che si pensa? Ancor non turba
né pur con la minaccia i sonni al reo?
Hai difensor più degno. Ecco Mirteo. (Addita ironicamente Mirteo, che viene, e parte)
È punito Scitalce?
                                   Egli di Nino
è prigionier. Come assalirlo?
                                                      E Nino
perché l'imprigionò?
                                        Perché ti offese
che decida Tamiri.
                                    Addio, Mirteo. (In atto di partire in fretta)
tiranna, m'abbandoni?
                                            (Ahimè!) (Impaziente)
                                                                Lo veggo,
nacqui infelice.
                              (Oh che importuno!) (Come sopra)
                                                                      Ascolta.
Non ho pace per te; de' miei sospiri
Mirteo, cangia favella o cangia affetto.
un querulo amator che mi tormenti
che mai pago non sia, che sempre innanzi
mesto mi venga, e che tacendo ancora
mi rimproveri ognor ch'io sono ingrata.
non v'è di me.
                            Né giunge ancor? S'affretti (Verso la scena)
signor, quai torti io soffro...
                                                   Un'altra volta
gli ascolterò. Parti per ora.
                                                 Oh dio!
Un solo istante...
                                E ben che fu? Ti spiega;
dell'ingrata Tamiri...
                                        Il prigioniero, (A Semiramide)
signore, è qui.
                            Fa' che s'appressi. (Parte Sibari)
                                                               Il fasto...
                            E udir non vuoi...
                                                              Non posso. (Con impazienza)
t'imposi di partir; basti. Codesta
tua soverchia premura è poco accorta.
Ah per me la pietà nel mondo è morta! (Parte)
impaziente il cor! Più non poss'io
con l'idol mio dissimular l'affetto.
Eccomi. A che mi chiedi?
                                                Or lo saprai. (A Scitalce)
Sibari t'allontana. (A Sibari che parte)
                                    A nuovi oltraggi
Non parliam più d'oltraggi. Io di tua fede
m'intenerì; mi fe' veder distinto
che vero è l'amor tuo, che l'odio è finto.
Deh non fingiamo più. Dimmi che vive
nel petto di Scitalce il cor d'Idreno;
Semiramide tua, che per salvarti
ti resi prigionier, ch'io fui l'istessa
sempre per te, che ancor l'istessa io sono.
Pace, pace una volta, io ti perdono.
Forse i tuoi tradimenti?
                                              Oh stelle! Oh dei!
I tradimenti miei! Dirlo tu puoi?
Tu puoi pensarlo?
                                   Udite! Ella s'offende,
tentato il mio morir, com'io veduto
non avessi il rival, come se alcuno
non m'avesse avvertito il mio periglio.
Rivolgi altrove, o menzognera, il ciglio.
a credermi sì rea?
                                   So che ti spiacque;
la tua frode svanì; dell'innocenza
i numi ebber pietà.
                                      Quei numi istessi,
dell'innocenza mia facciano fede.
Io tradir l'idol mio? Tu fosti e sei
del mio tenero cor tutta la cura.
torni Scitalce a trapassarmi il seno.
Tu vorresti sedurmi; un'altra volta,
più le lagrime tue forza non hanno.
sé stessa abbandonar, lasciar per lui
Se questo è inganno, e qual sarà l'amore?
                           E mi deride! Udite
se mostra de' suoi falli alcun rimorso!
io tutta umile, egli di sdegno acceso,
la colpevole io sembro ed ei l'offeso.
No no, la colpa è mia; purtroppo sento
rimorso al cor ma sai di che? D'un colpo
che lieve fu né vendicommi allora.
Barbaro, non dolerti; hai tempo ancora.
Eccoti il ferro mio, da te non cerco
difendermi, o crudel; saziati, impiaga,
passami il cor; già la tua mano apprese
del ferirmi le vie. Mira, son queste
l'orme del tuo furor.
                                       (Se più l'ascolto,
mi scordo i torti miei).
                                            Ti volgi altrove?
Riconoscile, ingrato, e poi mi svena.
Va', non ti credo.
                                 Oh crudeltade!
                                                               Oh pena!
Cedi il ferro o t'uccido.
                                           Il ferro avrai,
Empio, vivrai, ma disarmato e vinto. (Gli leva la spada)
prigionier conducete.
                                         Io prigioniero?
Lacci ad Ircano? Ah temerario! E sai
                      Sì, lo veggo. Un vil tu sei
che il suo piacer, che insidia le regine,
sa meritar, sa contrastar gli amori.
pagherai col tuo sangue.
                                              Eh di minacce
tempo or non è. Grazia e pietade implora.
Grazia e pietà? Farò tremarvi ancora.
                           Mirteo, respira.
Tu il barbaro opprimesti; i suoi seguaci
io dispersi e fugai. Salva è Tamiri,
lode agli dei. (Rimette la spada)
                           Quanto ti deggio, amico!
Vieni al mio sen. Con l'opportuno avviso
mi salvasti il mio ben. La trama indegna
saria senza di te. Godrebbe Ircano
della sua colpa il frutto; io piangerei
privo dell'idol mio.
                                     L'opre dovute
                             (Che fortunato inganno!)
per te mi trovo.
                               Il tuo maggior nemico
non ti è noto però.
                                   Lo so; Scitalce
funesto è all'amor mio.
                                            Solo all'amore?
Ah Mirteo, nol conosci.
                                           Io nol conosco?
No. (S'irriti costui).
                                      Chi dunque è mai?
Spiegati, non tacer.
                                     Scitalce è quello
ti rapì la germana.
                                    Oh dei, che dici?
Donde, Sibari, il sai?
                                        Molto in Egitto
ei mi fu noto. Io del real tuo padre
era i custodi a regolare eletto,
crescevi in Battra a Zoroastro appresso.
                            Non dubitarne; è desso.
il reo mi guida innanzi. Il suo castigo
è mio dover. (In atto di partire)
                          Dove t'affretti? Ascolta; (Trattenendolo)
Non soffre l'ira mia freno o ritegno.
molto giovar mi può. Scitalce estinto
un inciampo mi toglie al letto, al soglio.
di delitto in delitto, oh dio! mi guida.
necessario diventa ogn'altro eccesso.
Nol voglio udir. Da questa reggia Ircano
parta a momenti. Egli perdé nel vile
ogni ragione all'imeneo conteso.
Odi; Scitalce a me s'inoltri. Io tremo, (Alla guardia che partiva)
ripensando a Mirteo. Con quale orgoglio
or mi parlò! Non è suo stil. Che avvenne?
Che vuol? Mi ravvisò? Principe, ah siamo (A Scitalce che arriva)
in gran periglio entrambi. Ho gran sospetto
che Mirteo ci conosca. Ai detti audaci,
all'insolito sdegno, alle minacce
misteriose e tronche io giurerei
ch'ei ci scoprì. Per questi istanti a pena
ch'io parlo teco, a differir la pugna
indussi il suo furor.
                                      Rendimi il brando,
lasciami dunque in libertà.
                                                   Vincendo
che giovi a me, quando ei mi scopra? Ah pensa
io ridotta sarei.
                              Questa è tua cura.
nol faresti, o crudel?
                                       La tua salvezza
non dipende da me.
                                       Da te dipende.
                      Parla. (Con disprezzo)
                                   E che vuoi ch'io dica,
se m'ascolti così? Finch'io ragiono,
prometti di tacer.
                                  Parla. Il prometto.
(M'assisti, amor).
                                   (Che mai può dirmi?)
                                                                              Or senti.
molto ancor che spiegarti.
                                                 (Oh tolleranza!)
tutto in pace sarà. Vedrà Mirteo
giustificato in noi l'antico errore.
non gli sarà Scitalce. E quando uniti
voi siate in amistà, l'armi d'Egitto,
le forze del tuo regno, i miei fedeli,
saran bastanti a conservarci il trono.
con l'idol mio, col mio Scitalce unita!
al certo io cederei).
                                     Perché non parli?
Promisi di tacer.
                                 Tacesti assai;
è tempo di parlar.
                                   Rendimi il brando;
Non hai che dirmi? E la risposta è questa?
Vuoi dunque ch'io risponda? Odimi. Esposto
prima d'esserti sposo esser vorrei.
anima senza legge e senza fede?
Qual tigre t'allattò? Dove nascesti?
Taci; ingiurie novelle udir non voglio.
il brando al prigionier; libero sei;
il tuo cieco furor; vanne ma pensa
ch'oggi ridotta alla sventura estrema
vendicarmi saprò; pensaci e trema.
Dove son! Che ascoltai! Tanta fermezza
può mostrar chi tradisce? Oh dei! Se mai
Se mai fosse fedel? Se tanti oltraggi
soffrisse a torto... Eh che son folle. Ah dunque
a' suoi detti prestar che agli occhi miei?
e detesta una volta i tuoi deliri.
m'avveggo dell'error. Teco un ingrato
so che finora io fui; ma più nol sono.
Concedimi, io l'imploro, il tuo perdono.
(Nino parlò per me). Tutto, o Scitalce,
tutto mi scorderei; ma in te sospetto
viva la fiamma ancor.
                                         No; non è vero.
Finger tu puoi. Nol crederò, se pria
Ecco la destra mia. Vedi s'io fingo.
Così vieni a pugnar? Chi ti trattiene?
Più non sei prigionier. Libero il campo
il re concede. A che tardar? Raccogli
sollecito sarò.
                           Dunque si vada.
che si pugni per me più non intendo.
Soddisfarlo convien. Prence, t'attendo.
si voli al re). (In atto di partire)
                          Così mi lasci? Almeno
Mirteo, non lusingarti. Io ben conosco
tutti i meriti tuoi; quanto io ti deggio
sempre confesserò, saprò serbarti,
per finch'io viva, un'amistà verace.
sol per lui di catene ho cinto il core.
                           Ma la ragione è amore.
Or va'; servi un'ingrata, il tuo riposo
perdi per lei, consacra ai suoi voleri
tutte le cure tue, tutti i pensieri.
poi si premia la fé di chi l'adora.
Diviene infida e ne fa pompa ancora.
A forza io passerò; vo' del cimento
trovarmi a parte anch'io.
                                               Così partisti?
Qual mai ragion sopra una man pretendi
                           Io ricusai la morte;
Sibari avea. Fu suo consiglio ancora
la tentata rapina. Egli è l'autore
d'ogni mio fallo.
                                Ah mentitor!
                                                          Sugli occhi
del tuo re questo acciar... (In atto di ferire)
                                                Non più. Per ora
non voglio esaminar qual sia l'indegno.
Olà. Si dia della battaglia il segno. (Mentre Semiramide va sul trono, Ircano si ritira da un lato in faccia a lei. Sibari resta alla sinistra del trono, suonano le trombe, s’aprono icancelli, dal destro de’ quali viene Mirteo e dall’opposto Scitalce, ambedue senza spada, senza cimiero e senza manto)
(Al traditore in faccia il sangue io sento
agitar nelle vene). (Guardando Scitalce)
                                    (Io sento il core
agitarsi nel petto in faccia a lei). (Guardando Semiramide)
(Spettacolo funesto agli occhi miei!) (Due capitani delle guardie presentano l’arme a Scitalce e a Mirteo e si ritirano appresso i cancelli. Mentre Mirteo e Scitalce si muovono per combattere, esce frettolosa Tamiri)
Ah fermati, Mirteo. Sai ch'io non voglio
più vendetta da te.
                                    Vendico i miei,
non i tuoi torti; è un traditor costui,
mentisce il nome; egli s'appella Idreno;
dall'Egitto rapì.
                               (Stelle, che fia!)
Saprò, qualunque io sia...
                                                Mirteo, t'inganni.
Sibari lo conobbe, egli l'afferma.
perfido amico? È ver, mi finsi Idreno;
rapii, trafissi e la gittai nell'onde.
                                   In questo foglio vedi (Cava il foglio)
Sibari lo vergò, leggi Mirteo. (Lo dà a Mirteo)
                   (Che foglio è quello?)
                                                            «Amico Idreno, (Legge)
Semiramide tua porti tu stesso;
l'insidia è al Nilo appresso. Ella, che brama
di doverla rapir, ti finge amore;
fugge con te ma col disegno infame
a quello a cui la stringe il genio antico.
Vivi; ha di te pietà Sibari amico».
Sibari, io non t'intendo. In questo foglio
sei di Scitalce amico; e pur poc'anzi
da me, lo sai, tu lo volevi oppresso.
di Scitalce esser può Sibari istesso?
Allor... (Mi perdo). Io non credea... Parlai...
Perfido, ti confondi. Ah Nino, è questi
un traditor; da' labbri suoi si tragga
                          (Se qui a parlar l'astringo,
al popolo ei mi scopre). In chiuso loco
costui si porti. E sarà mia la cura
che tutto ei sveli.
                                 A che portarmi altrove?
                         No, vanne; i detti tuoi
                 Resti.
                              Si senta.
                                                Udite.
                                                              (Oh dio!)
Semiramide amai. Lo tacqui, intesi
l'amor suo con Scitalce. A lei concessi
agio a fuggir; quanto quel foglio afferma
finsi per farla mia.
                                    Fingesti! Io vidi
pure il rival; vidi gli armati.
                                                     Io fui
sul Nilo v'attendea. Volli assalirti
ma fra l'ombre in un tratto io vi perdei.
Ah perfido! (Che feci!)
                                            Udite; ancora
molto mi resta a dir.
                                       Sibari, basta.
de' falli apposti a me.
                                         Tutti son miei.
                              No, non mi basta.
                                                                (Oh dei!)
altri lieto non sia. Popoli, a voi
scopro un inganno, aprite i lumi; ingombra
una femmina imbelle il vostro impero.
Taci. (È tempo d'ardir). Popoli, è vero. (S’alza in piedi sul trono)
Semiramide io son; del figlio invece
regnai finor ma per giovarvi. Io tolsi
del regno il freno ad una destra imbelle,
non atta a moderarlo; io vi difesi
dal nemico furor; d'eccelse mura
i regni dell'Assiria. Assiria istessa
dica per me se mi provò finora
ardita in guerra e moderata in pace.
Se sdegnate ubbidirmi, ecco depongo
il serto mio. Non è lontano il figlio; (Depone la corona sul trono)
                          Ah Mirteo! (Scende dal trono ed abbraccia Mirteo)
                                                 Perdono, o cara,
della mia destra il dono. (Porge la mano a Scitalce)
                                               Oh dio! Tamiri,
io ti promisi amor.
                                     Tolgano i numi
ch'io turbi un sì bel nodo; in questa mano
ecco il premio, Mirteo, da te bramato. (Dà la mano a Mirteo)
                                 Oh me beato!
Lasciatemi svenar Sibari e poi
al Caucaso natio torno contento.
principe, i casi miei vedi che sono; (Ad Ircano)
sia maggior d'ogni esempio anche il perdono.
sì gran parte del mondo è debitrice
di sua felicità, non è ristretto
fra gli angusti confini, o gran Fernando,
della terra e del mar. Là sull'Olimpo
lo risenton gli dei; n'è Giove a parte;
e dall'eccelsa sfera, ov'ei risplende,
Iride messaggiera a te ne scende.
Ed è ragion. Giove in Fernando onora
un'immagine sua. Padre ei de' numi,
tu 'l sei di tanti regni; astro funesto
il suo seren non turba; e il tuo sereno
a turbar le sventure atte non sono;
sempre grazie dal tuo; Giove è nel cielo
fra le schiere de' numi; e fra le schiere
di tante tue virtù più che reali
il lor Giove anche in terra hanno i mortali.

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