Metrica: interrogazione
425 settenari (recitativo) in Siroe P3 
Figli, di voi non meno
un successore in cui
della real mia sede
che meco il soglio ascenda
Felice me se pria
che in pace o fra le squadre
Tutta dal tuo volere
Amo in Siroe il valore,
la modestia in Medarse.
In te l'animo altero, (A Siroe)
temo che a nuovi sdegni
Ecco l'ara, ecco il nume,
e giuri al nuovo erede
(Che giuri il labro mio!
«A te nume fecondo
s'offre Medarse e giura
Il tuo benigno raggio,
Amato figlio, al nume
Deh perché la mia pace
ancor non assicuri?
Questa ingiusta dubbiezza
Tu sai, padre, tu sai
Era avvezzo il mio cuore
quando udì il genitore
Tu sai di quante spoglie
Sai tu quante ferite
traeva in ozio imbelle
so ch'Emira la figlia
ch'io sospirar ti vidi
odio allor mi giurasti.
E s'Emira vivesse,
Appaga pure, appaga
Sconvolgi per Medarse
confuso tra la plebe
de' popoli vassalli
Chi sa? Vegliano i numi
Infino alle minacce
E puoi senza arrossirti
Olà così favella
oggi l'arbitro io sono,
Troppo presto t'avanzi
E per pentirsi, al padre
Perché di tanto sdegno
principi vi accendete?
Ah cessino una volta
d'amor, di genio eguali
A placar m'affatico
gli sdegni del germano,
è suo costume antico
Quant'odio in seno accolga
Bella Emira adorata.
Nessun ci ascolta e solo
a me nota qui sei.
Senti qual torto io soffro
Siroe che fa? Riposa
E allor che perde un regno
Che posso far?
                             Che puoi?
il tuo trionfo affretta
Lo so. L'idolo mio,
Ma son quella infelice
Oh dio... Per opra mia
E ingrata a tanti doni
Pensa, se tu mi brami,
da Emira esser accolto
immondo di quel sangue
Ed io potrei spergiura
pallida e sanguinosa
e fra le piume intanto
                     Dunque se vuoi
Senti, se il tuo mi nieghi
Ah non son questi o cara
Qui l'odio ti conduce
Io ti celai lo sdegno
O quante volte, o quante
E potrei lusingarmi
che s'abbassi ad amarmi (A Siroe)
E rende amor sì poco
il suo labro loquace?
Ma il silenzio del labro
Eh Laodice t'inganni.
D'Idaspe egli ha rossore.
Siroe rossor! Sinora
cangia affatto i costumi.
Rende il timido audace,
fa l'audace modesto.
Idaspe, e pur mi resta
Mai nel fidarsi altrui
(Che importuna). Ah Laodice
Se Cosroe che t'adora
e approva il nostro amore.
Ci tormentiamo invano,
tanto affetto in oblio.
la noia a te d'udirle,
a più vezzosi rai,
e se speri ch'io possa
E tolerar potrei
così acerbo disprezzo!
Sventurata Laodice
e del germano altero
leggiadra qual tu sei,
che mill'alme innamora,
Tanto non soffrirebbe
la più deforme e vile
umiliar quel superbo
È ver, così l'audace
Di te germana in traccia
vuol Medarse sul trono.
Tu dell'ingiusto padre
svolgi, se puoi, lo sdegno
che solo è di sé stesso
e che tutto in tributo
La caduta è vicina,
così cangiar Laodice?
Condannerà ciascuno
Non tradirò per lei
del molle sesso. O quanto,
donne leggiadre e care,
se voi foste costanti
Dall'insidie d'Emira
si palesi il periglio
che farò? S'ei mi vede
dubiterà che venga
da voi difesa sia
Che da un superbo figlio
Un tuo figlio procura
di renderlo contento
Dell'amato Medarse
Purtroppo è ver, tu vedi
Anche in amor costui
(Fu mio saggio consiglio
S'io preveder potea
E che più di funesto
cangiato in volto.
                                 Ah senti,
Dunque temer degg'io
Ei mente, a te mi trasse
ecco il braccio, ecco l'armi.
Vedi amico a qual pena (Dà il foglio ad Emira, quale lo legge da sé)
tutto svelò.
                      Il germano
Dunque perché non scopri
Perfido, e in questa guisa
interrotto è il disegno
Traditore, io vorrei...
Signor, de' sdegni miei (A Cosroe)
Perché son fido al padre
io non rispetto il figlio;
che del tuo core indegno
perciò taci e arrossisci,
Medarse, quel silenzio
Se un mentitor si cerca
difesa né perdono.
E non è reo chi niega
al padre un giuramento?
Non è reo l'ardimento
del tuo foco amoroso?
Non è reo chi nascoso
io stesso ho qui veduto?
Non è reo chi ha potuto
quando seco io ragiono?
M'accusa e mi condanna
un'empia ed un germano,
l'amico e il genitore;
troppo fedel son io,
anzi tutta confido
Scuopri l'indegna trama
Ad anima più fida
tutta l'opra e 'l consiglio.
Avresti mai creduto
E qual viltade è questa
a un principe Laodice.
a sdegnarti con noi?
or lo vorresti oppresso.
Gli enigmi artificiosi
figurandosi in essi
Non credo che sian tali
ma vo quando l'ascolto
Che funesto piacere
è mai quel di vendetta!
Figurata diletta
Lo so ben io che sento
così confusa io sono
figlio del tuo disprezzo
io scoprirò l'inganno,
d'amorosa fra noi
Tu me l'addita; a quanto
Dimmi crudel ch'io vada
sdegnami o mi discaccia,
che custodir gelosa
e meritar penando
E qual follia t'insegna
Come quel di Laodice
potessi almen lo sdegno
Ancor non sei contenta?
Vai forse al genitore
Ed io crudel, che faccio
Sempre della vendetta
più giusta è la difesa.
La generosa impresa
Ma sai però qual sia
figli di due nemici
Tu devi il mio disegno
Mio ben t'arresta.
                                   Ardisci
e ti mostri a un istante
è nell'odio sepolto.
Parlami di furore,
Dunque così degg'io...
Mi vuoi reo, mi vuoi morto?
così sarà contenta. (In atto di partire)
Va' pur, va' traditore,
chi troverà più fede. (Vuol partire)
Il mio sangue si chiede,
              Contro un mio fido
se la ritardi adesso.
Non curo uomini e dei,
(Difendetelo o numi).
Invan cerchi un riparo
Perché fuggir?
                             La fuga
Pochi istanti di vita
Necessaria a' tuoi giorni
Forse incontro al tuo fato
Io tradirlo!
                       In ciascuno
(Forse crede a' sospetti
io son dell'onor mio.
Io traditore! Oh dio
Finché non scopri il vero
Prima dall'alma sgombra
poscia per tuo riparo
No no, ripiglia il brando.
di novelli sospetti
Anzi voglio che Idaspe
        Sì.
                Chi m'assicura
E solo esser tu dei.
Fra le reali guardie
Non è picciola sorte
e opporsi a due regnanti
Atroce ma sicuro
perde tutto il vigore
dunque per tua salvezza
Volentier gli abbandono
Sarò felice appieno
se può la mia ferita
Sento per tenerezza
Più dubitar non posso.
per lui mi parla ancora
i mio paterno affetto
e nel fatal periglio
Chi ricusa un'aita
Disperato e non forte
un zelo che fomenta
L'ira del fato avaro
L'alma che in me s'annida
più che felice e rea
Un'innocenza oblia
Ad onta ancor di questa
Il popolo e le squadre
Ma questo è tradimento
e non difesa.
                          Ingrato.
Son già quasi sicure
qui venir Cosroe e forse
poter senza compagno
sapresti il mal talento,
T'inganni, a me non spiace
favellar te presente,
nelle vicine stanze
Resti se vuol.
                          No, teco
Siedi Siroe e m'ascolta.
Mi vuoi padre? Vedrai
Giudice vuoi ch'io sia?
Posso sperar dal figlio
Ti perdono e t'abusi
e mentre il mio timore
Che più. Medarse istesso
Vedi da quanti oltraggi
altr'ammenda non chiede
(Veggio Siroe commosso.
Odi Siroe. Se temi
Se tu non sei, ti dono,
                    Quando sicuri
              Non ti rammenti
Spiegati e ricomponi
Al nome di Laodice
Dubbioso ancor ti veggio?
Perfido, alfin tu vuoi
Che più da me vorresti?
Ti scuso, ti perdono,
ti richiamo sul trono,
colei che m'innamora
La mia morte, il mio sangue
Solo e senza soccorso
E chi tant'ira accende?
Così senza difesa
Signor, se amai Laodice
con novelli spergiuri.
Questa è l'ultima volta
O Persia avventurosa,
se imitando la sposa
di sceglier me presente
e vo fra le ritorte
tormentarmi finora.
ora dipende, Idaspe,
Di Siroe, a quel ch'io sento,
senza noia Laodice
Dunque l'ami?
                              L'adoro.
E speri la sua mano...
             Del tuo sembiante,
                Sì; chi mai puote
quelle vermiglie gote,
le labra coralline,
il bianco sen, le belle
qual fuoco ho in petto accolto
                     Il rispetto
amarti non poss'io.
Siroe si perde.
                             Il cielo
La tua crudel sentenza
riderti de' miei danni.
Sì diversi sembianti
Amo Siroe e mi pento
Così sempre il mio core
No no, voglio che mora.
Abbastanza finora
Signor, chi t'assicura
Sollecito e nascosto
Vedrai gelar lo sdegno,
Ubbidirò con pena
e sa ben la mia fede
Fin che del ciel nemico
io non provai lo sdegno
Ma quando il conservarli
per l'aperte ferite
Misera me, che intendo!
E che facesti mai?
Che feci? Io vendicai
i tuoi torti ed i miei.
Nell'amor tuo giammai
                   Amore invano
Sì Cosroe, ecco la rea,
Viva chi t'innamora!
È reo di fellonia,
ch'io temeraria sono
sembianze sfortunate!
Se placarti non sanno
Fin della Persia al trono
Ho mille cure in petto,
ti conosco infedele
Dunque alle mie preghiere
Chiedendo la sua vita
Vediam fin dove giunge
Minaccia in ogni lato
co' fremiti confusi
fatti arditi e veloci
Se ancor pochi momenti
                 Già il fido Arasse
la sentenza funesta;
Che mai dirà la Persia?
amor de' tuoi vassalli,
terror de' tuoi nemici.
L'armi tue vincitrici
colà sul ricco Gange,
le leggi di natura
Deh con miglior consiglio...
Figlio che di te degno
dalle paterne imprese
Che fu bambino ancora
So che a pugnar qualora
Ed ei lieto e sicuro
né il sanguinoso lume
Vado? Risolvi, or ora
sul moribondo labro
Va' tiranno e dal petto
Sazia il furore interno,
torna di sangue immondo,
Finsi finor ma solo
Empio, che mi facesti!
Lo sposo m'uccidesti,
Sappi ch'ei ti difese
ch'ogni accusa è fallace,
Serba Arasse al mio sdegno
                        Io stessa
D'un'alma disperata
Perché tu resti afflitto,
Ho nemici i vassalli,
Perché tacerlo al padre
la sua pietà di nuovo
di forza la pietade.
Quella dal nostro e questa
Siroe dov'è?
                         Fra i lacci
attende la sua morte.
i miei fidi raccorre
si crede estinto, avremo
Andiamo. Ah vien Medarse.
e mi vuoi lieto Idaspe?
E liberar vorresti
Non so, dubbia e confusa
De' tuoi disegni avrai
Se la strada del trono
quest'aita permette
Son stanco ingiusti numi
così bilancia Astrea,
Ed Emira fra tanti
Se del mio fato estremo
per così bella morte
Senti Emira qual sia.
mel tolsero i custodi.
È lieve pena a un reo
seco il mio sdegno antico,
quasi a morte mi trasse.
E Idaspe è così infido
Sento, né so che sia,
se speri alcun riparo...
quando a te m'abandono?
                       Traditori,
verranno ad un mio grido
                        Ah difendi
                        Dipende (A Siroe)
Libero è il varco e lascio
Dell'amica fortuna
non si disprezzi il dono,
Ah con mio danno imparo
Chi si fida alla colpa
Chi alla virtù si affida
Vinto ancor non son io.
Io vivo e posso ancora
Libero il prence io volli,
non fa la mia discolpa
E perché quindi il trono
fu da' prim'anni inteso

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